SOME PREFER CAKE 2012 – Focus India: I Am, di Sonali Gulati e 365 without 377 di Adele Tulli
Due documentari nel Focus India di Some Prefer Cake 2012: I Am, di Sonali Gulati, e 365 without 377, di Adele Tulli. Una lettera d'amore a una madre scomparsa che nasce dalle storie di altre famiglie e una cronaca della "seconda indipendenza indiana", due film che restituiscono un'India diversa, stratificata e soprendente.

I Am, della filmmaker indipendente Sonali Gulati (preceduto dal bel cortometraggio Sum Total, che ne è una premessa poetica) premiatissimo nei festival internazionali, da Mumbai a Lisbona, è un autoritratto delicato costruito in cinque anni grazie alle storie di altre persone.
Potrebbe sembrare un paradosso, eppure la regista può dialogare con la madre (oggi scomparsa, e alla quale non è mai riuscita a spiegare la sua attrazione e i suoi sentimenti per le donne) spedire una vera e propria lettera d'amore al suo indirizzo, solo filmando – la macchina da presa diventa un'arma bianca per andare a caccia di ricordi, significati e nuove storie – raccontando e parlando con altre figlie e figli, altri genitori, altre famiglie e il modo in cui hanno affrontato il coming out in un paese dai vertiginosi contrasti.
Da un lato, la sezione 377 del codice penale indiano, la legge che criminalizzava e puniva con la reclusione a vita ogni atto tra persone dello stesso sesso definendolo "contro natura" (emanazione "fisica" del colonialismo: si tratta di un editto della Legge Coloniale Britannica del 1860 mantenuto in India anche dopo l'indipendenza); dall'altro i tanti modi, anche inattesi, in cui molti dei genitori coinvolti, appartenenti a una generazione segnata anche dal rapporto tra potere occidentale, moralità e tradizione, hanno trovato strade personali per comprendere e sostenere la battaglia dei figli.
Ma Sonali si ferma anche su impalpabili sfumature, trovando rapporti che non ci aspettiamo, come quello tra una figlia lesbica e una madre intelligente che racconta come il timore dei genitori sia spesso legato solo allo stigma sociale e sottolinea come un figlio non sia un'estensione di sè, ma una persona con la sua natura, le sue esigenze e i suoi desideri. Colpiscono soprattutto le vicende dei due ragazzi la cui unione viene festeggiata in una splendida cerimonia casalinga, e la testimonianza di una signora che dice alla regista che avrebbe pensato lei a parlare con sua madre per aiutarla a comprendere, se fosse stata ancora viva.
Questa lettera d'amore, scritta prima dell'abrogazione della 377, si intreccia con il primo documentario di Adele Tulli, che si occupa da anni dei movimenti sociali, femminili e ecologisti, dell'India contemporanea.
Il film mostra un unico anno, quello della "seconda indipendenza dell'India", pervaso dall'euforia e della semplice felicità di "poter finalmente dire che esistiamo". Un anno che segue lo storico verdetto, che pure è l'esito di dieci anni di battaglie più o meno sotterranee, poi sempre più visibili, per l'eliminazione della legge di eredità britannica, la medesima, racconta la regista, che è stata imposta nelle colonie in Uganda e Sudafrica. Un documentario equilibrato, che riesce completamente nell'intento di evitare ogni stereotipo orientalista e di restituire l'immagine di un'altra India, stratificata e sorprendente.