Sopravvissuto – The Martian, di Ridley Scott

Racconto sulla tracciabilità perenne dei nostri giorni. testo definitivo sulla proliferazione dei circuiti chiusi nella nostra quotidianità digitale: il reality inconsapevole diventa sit-com

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E’ un meccanismo talmente lucido e preciso sulla contemporaneità, quello orchestrato da Drew Goddard per lo scintillante script di The Martian (un copione davvero da applausi per ritmo, invenzioni e dialoghi brillanti), che Ridley Scott ne rimane inevitabilmente chiuso fuori. Figlioccio abramsiano come il malefico Damon Lindelof di Prometheus, Goddard (in tv Alias e Lost, al cinema Cloverfield e World War Z) è ovviamente intelligentissimo come molti scrittori di questa generazione, e tira fuori un’impalcatura a vista di puro racconto sulla tracciabilità perenne dei nostri giorni.
In questo The Martian è davvero il testo definitivo sulla proliferazione dei circuiti chiusi nella nostra quotidianità digitale, e sul modello-chat come unico palinsesto possibile della comunicazione a distanza dell’oggi: il reality inconsapevole di cui è unico protagonista l’astronauta Watney diventa ben presto una sit-com scandita dalla sua spacconesca familiarità con l’essere perennemente sotto i riflettori delle videocamere sparse per tutto il suo avamposto marziano e sul suo equipaggiamento, mentre i messaggi che riesce ingegnosamente a mandarsi con i compagni e con i cervelloni della NASA sulla Terra hanno il tono sardonico degli scambi su Whatsapp: “faccia attenzione al linguaggio, Mark, tutto il mondo la sta leggendo!”.
E allora, al nostro sopravvissuto non resta che improvvisarsi Fonzie nella sua serra personale di “survivalist”, come si chiamano i personaggi di quegli show in situazioni estreme dei canali satellitari (quelli che per l’appunto ti insegnerebbero come far germogliare una patata nel deserto, o come ottenere l’acqua bruciando l’idrogeno…).

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sopravvissuto the martianL’antipatia saputella di Matt Damon in questo film potrebbe davvero rappresentare appieno tutti i motivi per cui non saremo mai dalla parte di una gestione simile della materia cinematografica, in cui ogni sentimento è sostituito dall’ammiccamento continuo per lo spettatore “avveduto” (l’intero canone della fantascienza viene dato per assodato, mandato a memoria, passiamo subito oltre): e infatti l’unico contatto umano dal vivo lo ha finendo a fare il professore, in cattedra.
Ridley Scott fiuta l’affare (quant’è ruffiano il cast, vecchio volpone?) e lavora di confezione, sembra divertirsi molto di più con i mille rimpalli delle videochiamate tra gli scienziati sulla Terra, che sembrano i dietro le quinte del lavoro degli autori in uno studio televisivo (che noia, vero?), che non con questa Marte che il film non ha alcuna intenzione di esplorare davvero, o questo spazio in cui non ci si perde mai, i calcoli sono sempre giusti e le distanze pure (è vero che il recupero finale è particolarmente delirante, ma nonostante le giravolte non si accusa malauguratamente alcun capogiro nel nostro sguardo).

E così, del film di fantascienza meno riuscito di Ridley Scott di sempre, rimangono soprattutto questi sprazzi di deserto rosso, uniche aperture che vengono concesse al cineasta per un respiro più ampio, che si riallacci alle vedute desertiche che puntellano ultimi suoi grandi titoli come Il procuratore e Exodus: ma quelli sono film che fanno della deriva la natura stessa del proprio pensiero sul cinema.
Stavolta invece, tutto torna insieme all’eroe, lasciandoci con la speranza vana di un intoppo benedetto nell’operazione di salvataggio.

Titolo originale: The Martian
Regia: Ridley Scott
Interpreti: Matt Damon, Jessica Chastain, Kristen Wiig, Mackenzie Davis, Kate Mara, Jeff Daniels, Sean Bean, Sebastian Stan, Chiwetel Ejiofor, Donald Glover, Michael Peña, Aksel Hennie, Naomi Scott, Jonathan Aris, Lili Bordán
Distribizione: 20th Century Fox
Durata: 130’
Orginie: Usa 2015

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