Sotto una buona stella, di Carlo Verdone
Verdone è un cineasta intimamente novecentesco, che qui rivendica con estrema onestà il suo essere fuori posto nel cinema (e nella commedia) del nuovo millennio. Sotto una buona stella riesce ad andare oltre l’ormai evidente stanchezza registica, opponendo una sincerità commovente e necessaria in epoca di ricette precotte per il film che deve far ridere

Questo è un film importante nella carriera di Carlo Verdone. Un film dove faticosamente si scioglie tutta quell’ansia da prestazione registica (avvertita nell’ultimo decennio) rincorrendo un pubblico che è fatalmente mutato negli anni e nelle generazioni. La straordinaria sincerità che non è mai mancata al suo cinema, qui si ammanta finalmente di una bonaria rassegnazione all’età: Verdone è un “padre” confuso che cresce insieme ai suoi figli adulti, lasciando persino il traino comico della “storia” a un'altra attrice (la Cortellesi, molto brava qui). Una donna che deve letteralmente convincerlo a tornare a (far) ridere: commovente la scenetta del caffè mattutino intessuta di gag slapstick classiche – alla Stanlio e Ollio – con lei che lo supplica a interpretare la parte del suo fidanzato al matrimonio del fratello. Significativa la risposta di Verdone, che cede per sfinimento: “e va bene, dai, famo sta pantomima…”.
Il Verdone nuovo comico, alfiere di un cinema italiano che fu, immerso oggi in un paese divorato da mille crisi, riparte intelligentemente dalle radici: dalla piccola gag ingenua e tenerissima probabilmente improvvisata sul set, o per la prima volta in carriera da una voce narrante fuoricampo (a tratti incredibilmente scontata, è vero, ma non è questo il punto) che emana una sincerità necessaria e disarmante in epoca di ricette precotte per il film che deve far ridere. Qui si va oltre l’ormai evidente stanchezza registica: Verdone è un cineasta intimamente novecentesco che rivendica con onestà il suo essere fuori posto nel cinema del nuovo millennio, rinchiudendosi in quattro “mura di carta velina” (quindi evidentemente in un set, ricostruito a Cinecittà!), e facendo risuonare gli echi flebili dei suoi vecchi motivi (l’ossessione per le medicine, l’inadeguatezza maschile, l’infantilità esibita) come malinconici residui del passato. Quei "nuovi lidi metafilmici" che il nostro Carlo Valeri rintracciava in nuce in Io loro e Lara prendono qui il sopravvento: si rievoca consapevolmente una memoria perduta (come quella del Festival di poesia alternativa di Castelporziano, in un'esilarante réunion nel salotto di casa: persino quell’esperienza così “aperta” viene confinata in una stanza) sfumandola pian piano nell'attuale fragilità sentimentale.
È l'abbraccio affettuoso, prolungato, fine a se stesso, che diventa oggi il motivo principe del suo cinema. Verdone gira il suo privato Io e Te (con Tea Falco a fare da stralunata ambasciatrice) fuoriuscendo pian piano dalle stanze buie e strappando più volte il sorriso come non gli capitava da tempo. Film che segna la compiuta accettazione di un nuovo ruolo (forse marginale rispetto al passato), cercando di non smarrire una ormai trentennale buona stella…
Regia: Carlo Verdone
Interpreti: Carlo Verdone, Tea Falco, Paola Cortellesi, Fausto Maria Sciarappa, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio
Origine: Italia, 2014
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 106'