SOUNDTRACKS – True (american) music – La colonna sonora di True Detective

Come Pizzolato fa con il noir, così Burnett recupera nelle radici del country il suo potenziale di “dramma esistenziale” per costruire una connessione empatica (quasi primordiale) con lo spettatore.

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Fra le innumerevoli differenze fra la prima e la seconda stagione di True Detective c’è senz’altro il ruolo che la colonna sonora ha svolto nelle due serie. Intendiamoci: in entrambe è fondamentale per creare il “mood” delle situazioni, per trasferire allo spettatore la giusta “tonalità emozionale”. In un contesto visivo e dialettico che è un trionfo di false tracce e continui detour narrativi, la musica va dritta al cuore, nella prima come nella seconda serie.
Ma, mentre nella prima sembra volersi nascondere (le canzoni, quasi tutte non originali, sono appena accennate e difficilmente riconoscibili), nella seconda la musica entra direttamente “in campo” con Lera Lynn che suona le varie composizioni originali create per la serie (insieme a Rosanne Cash, per i testi, e con la supervisione dello stesso T–Bone Burnett) direttamente sul palco del piccolo pub dove Ray e Frank s’incontrano, quasi ad ogni episodio, per fare il punto della situazione. Proprio su questo nuovo ruolo “recitante” della musica può fondarsi uno dei più riconoscibili riferimenti di questa seconda serie: quello con Twin Peaks. Infatti il rapporto Pizzolato-Burnett-Lynn, ricorda molto da vicino quello: Lynch-Badalamenti-Cruise, dove il talento di entrambe le giovani interpreti è utilizzato per raccontare allo spettatore molto più di quanto possano fare le immagini sullo stato d’animo dei personaggi. In questo senso “The only thing worth fighting for” è l’equivalete di “Falling” in Twin Peaks, a proposito della quale Badalamenti aveva detto “[Lynch] voleva qualcosa in chiave minore, oscuro e minaccioso, ma anche qualcosa di piacevole, che fa male in anticipo, costruito in modo tale da lacerarti le budella ma andare poi via lentamente.” (Steve Grant “Mood Awakening”, pubblicato in “TimeOut Film Guide” 17-24 ottobre 1990).

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Le canzoni scritte per questa seconda serie vanno dritte al cuore, si diceva, ma vengono anche dal cuore … dal cuore polveroso (rust) dell’America più autentica, da sempre legata a quelle sonorità country che, dagli albori del rock, costituiscono un continuo terreno di sperimentazione. Un po’ come ha fatto lo stesso Pizzolato con le radici del noir, così T-Bone Burnett va a recuperare nelle radici del country il suo enorme potenziale di “dramma esistenziale” per costruire una connessione empatica naturale (quasi primordiale) con lo spettatore.

t-bone
Burnett è stato senz’altro uno degli elementi chiave del team di Nic Pizzolato: con alle spalle una lunga carriera che lo ha portato dal suonare con Dylan (nel leggendario Rolling Thunder Revue del ’75 – ‘76), ad una ricca produzione solista tutta giocata proprio sulla rilettura in chiave oscura e metropolitana delle sonorità country: paradigmatico, da questo punto di vista, il suo ultimo album solista, The True False Identity, del 2006. Ma il successo è arrivato principalmente per il suo lavoro di produttore, sia musicale per gruppi come Counting Crows, Wallflowers (del figlio di Dylan: Jakob) ed Elvis Costello, che di colonne sonore: sue, fra le tante, quelle di Il Grande Lebowski, Fratello dove sei?, Ritorno a Cold Mountain, Walk the line.
Le composizioni originali create per la seconda serie non si limitano a quelle affidate al duo Cash –Lynn: ad esempio c’è la magnifica riscrittura “infernale” di “All the gold in California” (irriconoscibile rispetto all’originale coutry-pop inciso dai Gatilin Brothers nel ’79) eseguita da Nick Cave: uno che per il suo gusto musicale non può che essere perfettamente in linea con il “mood” della serie, tanto da essere presente anche fra le musiche non originali scelte per la prima stagione.
Fra le composizioni originali create per la prima stagione non bisogna, infine, dimenticare la stupenda “Angry River” scritta, per il suo finale, dallo stesso Burnett (sia il testo che la musica, anche se per quest’ultima si è avvalso della collaborazione di Rhiannon Giddens e Gabe Witcher) avendo come ispirazione i sei mesi di conversazione con Pizzolato sul senso della serie e su quello della vita, affidando poi l’esecuzione a due splendidi artisti come S.I. Istwa e Father John Misty (al secolo Joshua Tilmann, leader dei Fleet Foxes).

True-Detective-Soundtrack-for-season-1-and-2La colonna sonora originale “True Detective – Music from the HBO series” contiene, naturalmente, tutte le composizioni create per entrambe le stagioni e risulta, di conseguenza, un po’ sbilanciata sulla seconda: non a caso in copertina campeggiano solo i personaggi della seconda serie. Fra i pezzi non originali (pochi) presenti, non potevano di certo mancare le sigle di testa di entrambe le stagioni che senz’altro hanno contribuito (insieme alle splendide immagini che le accompagnavano) al successo delle serie. Si tratta della struggente e misteriosaFar from any road” degli Handsome Family tratta dal loro album del 2003 “Singing bonesche condensa meravigliosamente le atmosfere “southern” ma anche macabre della serie, e di “Nevermind” di Leonard Choen. Può sorprendere, forse, che l’autore della title track della seconda stagione sia un ultrasettantenne e, per di più, uno che con le sonorità country e sothern non ha mai amoreggiato più di tanto. Ancora una volta la scelta si è rivelata più che azzeccata: per prima cosa dal punto di vista musicale bisognava dare un forte segno di discontinuità per far percepire subito allo spettatore che l’ambientazione della nuova serie non era più rappresentata dalle verdi praterie del sud (e dalle sue putride paludi), bensì dalle nevrotiche strade californiane. E poi il testo, che in realtà parla di un guerrigliero che attraversa le linee nemiche cercando di ricostruirsi una vita rinnegando il proprio passato, può essere facilmente adattato ai mutamenti che sconvolgono le vite dei quattro protagonisti principali della serie (“Nevermind, nevermind / I live the life, I left behind / There’s truth that lives, and truth that dies / I don’t know which, so nevermind”).
Father-John-MistyCome si è detto, non sono molte le composizioni non originali presenti nella colonna sonora appena pubblicata e allora, per finire, può essere interessante andare a riscoprire almeno qualcuna delle gemma che ha illuminato per pochi secondi la serie, rimanendo poi fuori dalla selezione ufficiale. Fra le tante canzoni degne d’interesse: “Casey’s last ride” di Kris Kristofferson, che porta la country music sul terreno della musica di protesta, oppure la cavalcata hard/psichedelica dei Black Mountain: “Set us free”, forse merita una particolare attenzione “Everyman needs a companion” di Father John Misty, una sorta di “buddy song”: come i buddy movie raccontano di amicizie virili, così questa canzone ci racconta dell’esigenza di ognuno di avere un amico con cui confidarsi e da cui farsi consolare, la cui particolarità sta nel prendere ad esempio niente meno che l’amicizia fra Gesù e Giovanni Battista (John the baptist took Jesus Christ / Down to the river on a Friday night / They talked about Mary like a couple of boys / With nothing to lose / Too scared to try).

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