SPECIALE AL DI LÀ DELLE MONTAGNE – 2025… fino alla fine del mondo

Zhang-ke sposa la materia residua dei sentimenti immaginando un’ultima frontiera nel futuro in cui piangere la perdita degli affetti materni e l’incomunicabilità con i ricchi padri capitalisti.

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Il fascino delle date. Duemilaventicinque. Come saranno i nostri ricordi nel 2025? Manca poco in realtà, anche se al cinema qualsiasi data del futuro ci sembra lontana. Forse Al di là delle montagne ha senso solo come straziante monito per una scadenza della memoria che mai come questa volta unisce pubblico e privato. L’ultimo di Jia è infatti un film che si confronta con la storia recente della Cina certo, come nessun altro film ha avuto il coraggio di fare – che poi raccontare la Cina non significa anche, se non soprattutto, raccontare il mondo in cui viviamo… oggi? Ma di fatto il grande cineasta asiatico non fa altro che condividere, con l’amore straziato di chi ha vissuto, il suo esilio dal passato, dalla terra, dalla famiglia, da un modo di fare cinema persino.

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Eccolo il 2025. Con Zhang-ke che sposa la materia residua dei sentimenti immaginando un’ultima frontiera in cui piangere la perdita degli affetti materni e l’incomunicabilità con i ricchi padri capitalisti, verso orizzonti visivi e sonori che fondono il linguaggio tecnologico con la riscoperta degli spazi aperti. Paesaggi crepuscolari e mentali che si chiamano Australia – anche se questa parte futuristica è stata realizzata in Giappone. A un certo punto quando viene svelata l’ellissi con il balzo temporale proiettato al futuro sembra quasi di trovarsi in un film di Wim Wenders. Per recuperare un nome proprio e sussurrarne un altro al vento dell’oceano serve andare fino alla fine del mondo. A questo punto la differenza può farla solo la verità dell’emozione. E l’immagine diventa in 16/9 perché  prova a misurare e immaginare un mondo astratto, imprevisto, dove i dialoghi hanno bisogno di continue traduzioni e diventa ipotizzabile persino l’improbabile melodramma di uno studente con la sua insegnante.

Il coraggio di Zhang-ke è impressionante, tira fuori tutto quello che ha dentro senza paura di sbandare e ci regala vaghi appunti per un suo personalissimo 2046, in una escursione nella fantascienza poetica che appunto va a recuperare un legame insospettabile con le tensioni malinconiche di Wong Kar-wai – cineasta diversissimo da Jia, ma antesignano nel fare un cinema sui numeri, sulle date di scadenza del futuro. Il domani è il destino dei figli. Devono imparare a vivere da soli. Immaginare i fantasmi. Forse sostituirli con altri corpi e volti d’amore. La canzone di Sally Yeh è l’indizio scatenante per un viaggio di ritorno da compiere. Verso la madre (terra). Non oggi. Forse un giorno… fino alla fine del mondo.

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