SPECIALE "BUONGIORNO, NOTTE" -L'ora di storia

Ciò che “Buongiorno, notte” dà col suo essere film – fatto di sguardi, di pause, di silenzi, di ampi spazi vuoti e di angusti spazi fin troppo pieni – si riprende con la limitatezza espositiva del fenomeno brigatista

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Ciò che Buongiorno, notte dà col suo essere film – fatto di sguardi, di pause, di silenzi, di ampi spazi vuoti e di angusti spazi fin troppo pieni – si riprende con la limitatezza espositiva del fenomeno brigatista. Bellocchio, di proposito – lo si legge dalle sue dichiarazioni – pone l'accento sul folle straniamento del pensiero e dell'azione del commando che teneva Moro prigioniero; al termine del film, la sensazione è che le Br fossero quattro ragazzi troppo giovani per capire le conseguenze dei loro gesti, e troppo infarciti di formule politiche da comprendere la profondità del fossato che li separava dalla "gente comune". Le Br, certamente, furono anche questo; ma non nacquero il 16 marzo del 1978, e non cessarono di esistere con l'arresto del cuore di Moro.
Bellocchio – e qui sta il suo merito, sottolineato dal plauso del figlio di Moro, Giovanni – non vuole fare un tipico film di denuncia all'italiana; si basa sui fatti, li adatta quanto basta per non cadere nell'agguato della ricostruzione fedele, inserisce visioni oniriche appartenenti ora a questo, ora a quel personaggio, a significare la distanza tra desiderato e vissuto, tra presente e condizionale; incentra il discorso sulle persone, e non sui simboli che la lettura politica delle vicende sostituisce alle persone. Eppure non si sottrae dal trarre conclusioni, e dal condurre lo spettatore a trarne a sua volta, mostrando un Moro agnello sacrificale della Storia, e i brigatisti come ragazzotti col cervello bacato da letture quanto meno inopportune.
Volutamente, e giustamente, rimangono fuori dal film la genesi dei movimenti pre-rivoluzionari che in Europa – non solo in Italia – pensarono che fossero maturi i tempi per un sovvertimento dell'ordine politico a vantaggio, secondo loro, delle classi più deboli; come rimangono fuori le adesioni che, più o meno sommessamente, le Br ottennero da strati ora marginali, ora più consistenti, della popolazione: almeno fin quando le azioni "di guerriglia" – di terrorismo – non arrivarono a colpire bersagli fuori dalla mischia, come gli agenti di scorta o i rappresentanti sindacali; adesioni che dettero la sensazione ai brigatisti di essere portavoce di istanze popolari e ne confortarono le alienate scelte politiche. Questo "lasciar fuori" doveva andare di pari passo – per dar vita ad un film che mettesse veramente al centro dell'attenzione la vita, le persone, l'essere – con un "metter dentro" almeno un accenno al dibattito che, tra le colonne delle Br, si accese intorno alla sorte di Moro, e che le carte processuali hanno ampiamente messo in luce: a mostrare che la disumanità delle azioni brigatiste era inserita in un preciso contesto storico, e in tale luce, anche spietatamente se vogliamo, va considerata.
Tutto questo, ricordiamolo, senza nulla togliere ai momenti più "elevati": quelli in cui l'espressione diretta del desiderio della protagonista, del regista, dello spettatore, si fanno realtà con il gioco dei sogni, rendendo a Buongiorno, notte il pieno diritto di essere amato come film.

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