SPECIALE Cinderella Man – "L'etica della sfida"

Il tema centrale del film, ricorrente nel cinema di Howard, è la lotta e la sfida alle avversità. Ma oggi siamo già nell'epoca dei sogni meccanici e il cinema diventa un rifugio non solo materiale, ma anche mentale, un luogo in cui si appagano i desideri e si assiste al sogno di Braddock con la pelle accapponata.

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Una narrazione fluviale e ricca di eventi, un film di quelli che nelle corde di Howard che guarda al cinema dei padri, mentre gira un film legato strettamente agli anni in cui vive. Cinderella man è un'opera che cattura e avvince, di sconcertante semplicità narrativa e di ricchezza e profondità ricostruttiva del presente.

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Si è detto da più parti, lo ha confermato Howard in conferenza stampa a Venezia, che un 'personaggio' del suo film è la grande depressione economica che colpì gli Stati Uniti nel 1929. L'economia americana cadde in ginocchio e la vita della gente diventò un inferno. Molti furono quelli che persero ingenti somme di denaro investite in borsa e tra questi Jim Braddock, il pugile irlandese di cui Howard narra la storia. Il suo riscatto, la sua rivincita contro gli eventi e la sua pervicacia nel perseguirli sono esemplari. Una favola magica che se fosse uno script originale sarebbe stato scartato o pessimamente recensito perché ipotesi impossibile a farsi. Qui, in casi come questi, ci si rende conto dei limiti dell'inventiva e della incapacità perfino collettiva di immaginare un lieto fine che risulta perfino impossibile desiderare.

Il tema centrale del film è la lotta e la sfida alle avversità – anche questo argomento più volte sottolineato dal regista – tema ricorrente nel cinema di Howard (Apollo 13, Cuori ribelli, ….) che se da una parte esalta la grandezza americana, dall'altra scopre i lati deboli, le falle di un tessuto sociale o tecnologico ben strutturato e, nel caso di questo ultimo film, apre sensibili fronti di discussione su un presente scomodo (non solo per gli States) e su una necessità di riscatto che faccia leva sulle forze di ogni singolo. Tema, peraltro, non estraneo al 'cinema da ring', basti pensare alle traversie di Rubin Hurricane Carter. È proprio vero il cinema ci ha insegnato che non arrivano più "i nostri" per salvare capra e cavoli. I tempi sono cambiati e la sfida di un uomo onesto, come ha sottolineato il regista, resta una delle poche cose belle da raccontare. Ciò che guida Jim Braddock è l'etica che coltiva e che insegna ai propri figli, alla famiglia, un senso dello stato così forte da fare impallidire certi nostri affaristi, un senso delle regole che dalle nostre parti è merce introvabile.

Una sfida continua e perpetua che allora nella grande depressione, come oggi in questa nostra altra, globale e confusa grande depressione, è l'unico strumento di vera ricostruzione. Ma questa sfida oggi non si persegue più con la pazienza e con l'etica, quella di un puro come Braddock, ma con l'arroganza e la presunzione e i frutti sono quelli che viviamo. Per accettare la sfida e lottare per il latte, è necessario essere preparati, eticamente preparati e farlo fin dove fa male (restituire i soldi del sussidio allo stato quando non se ne ha più bisogno! O chiedere scusa per avere rubato per fame): è qui che forse così nel film, come nel nostro presente che si aprono le maggiori contraddizioni. Un presente in cui l'etica di tutti i rapporti è finita da bella pezza.


Il presente e il passato: Ron Howard è sincero nel non volere spingere troppo un parallelismo tra la storia del film e questo presente ingombrante e preoccupante. Ma non possiamo fare a meno di pensare che oggi tra noi, i Cinderella man, i cuori ribelli e i primi della terra, quelli che ci trascinano nel cupo vortice della guerra globale e verso la decostruzione perfino dell'equilibrio ecologico mondiale e ai quali i miliardi di dollari non bastano a salvare gli ultimi della terra dalla catastrofe naturale, dovrebbe esserci una incessante sfida etica. Per non aggravare la pericolosa divergenza, che si fa baratro, tra un film come Cinderella man e il mondo che viviamo. Siamo sempre più costretti a cercare la sublimazione dei nostri desideri, quelli semplici, di un mondo eticamente accettabile, solo al cinema. Siamo già nell'epoca dei sogni meccanici e il cinema diventa un rifugio non solo materiale, ma anche mentale, un luogo in cui si appagano i desideri e si assiste al sogno di Braddock con la pelle accapponata, poi si torna a casa e si guarda un qualsiasi tg e la pelle ti si accappona di nuovo, provi disgusto e ripensi al cinema.

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