SPECIALE DARIO ARGENTO – La produzione in anticipo sulla regia: "Démoni" & "Démoni 2 …l'incubo ritorna"

Con i due film diretti da Lamberto Bava, Argento sviluppa una concezione di orrore alla quale lui stesso sarebbe arrivato anni dopo con i suoi film: storia di un dittico fecondo e sorprendente, caratterizzato dalla fiducia nel genere e dalla capacità di risultare autosufficiente rispetto ai modelli dai quali attinge. Leggi tutti gli articoli dello speciale

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DEMONI

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Interpreti: Natasha Hovey, Urbano Barberini, Paola Cozzo, Karl Zinny, Bobby Rhodes, Fiore Argento

Durata: 88’

Origine: Italia, 1985

Distribuzione: Medusa Video

 

DEMONI 2 …L’INCUBO RITORNA

Interpreti: David Edwin Knight, Nancy Brilli, Coralina Cataldi Tassoni, Bobby Rhodes, Asia Argento

Durata: 91’

Origine: Italia, 1986

Distribuzione: Medusa Video

 

7 anni dopo l’exploit di Zombi, Dario Argento torna a produrre un film, complice l’amico Lamberto Bava, smanioso di portare su schermo un soggetto di Dardano Sacchetti già proposto ad altri produttori. Nasce così Démoni, prima parte di un dittico baciato da grande consenso popolare, ma che a tutt’oggi sconta una certa incomprensione critica, motivata soprattutto dal fatto che l’idea portante sembra riprendere e estremizzare, in senso meramente spettacolare e splatter, il concept del già citato Zombi (Roberto Pugliese, nel suo Castoro dedicato ad Argento scrive che il regista/produttore “importa in Italia […] l’idea guida degli zombi trasformandoli, più cattolicamente, in demoni.”). Né ha aiutato il fatto che alla regia ci fosse Lamberto Bava, onesto artigiano certamente distante dalla classe del padre Mario, e anche per questo liquidato frettolosamente, nonostante la direzione dei due capitoli non risparmi alcune trovate visive eleganti (soprattutto nel sequel).

Certamente all’epoca nessuno aveva ancora gli elementi giusti per realizzare quanto appare invece evidente oggi, ad una rinnovata visione del dittico, e cioè che i due film sviluppano una concezione di orrore alla quale lo stesso Argento sarebbe arrivato in tempi più recenti con i suoi episodi della serie Masters of Horror e, soprattutto, con l’ultimo La Terza Madre. Un’idea di horror capace di dare forma a una mitologia, che si articola attraverso una messinscena spudorata e priva di freni inibitori nella raffigurazione della violenza, dove il delirio tange il ridicolo involontario, ma riesce a non scivolarci in virtù della fiducia riposta nel genere. Varie letture critiche hanno spesso rimarcato come Démoni sia una sorta di canto del cigno per l’horror-splatter italico, ma questo è vero soprattutto in virtù del suo rappresentare un investimento che crede nella possibilità di un cinema del terrore italiano capace di rielaborare a suo uso e consumo mitologie presistenti e di creare un nuovo modello: non è un caso che poi registi come Robert Rodriguez in Dal tramonto all’alba e, in misura minore, in Planet Terror, paghino degli evidenti debiti al dittico di Argento-Bava – e in effetti un giorno si potrà anche riflettere su quanto il dittico assimili, anticipi e divenga a suo modo consapevole messinscena di quella che oggi definiamo “estetica Grindhouse”.

La produzione di Démoni, quindi, diventa per Argento un tentativo di avvicinamento a un horror meno astratto, meno interessato a una raffigurazione coreografica della violenza e maggiormente invece attratto dalla frontalità dell’orrore, che si rivolge in maniera diretta al pubblico (frequenti gli sguardi in macchina delle creature), che trova nel barocchismo e nell’accumulo delle gag orrorifiche un proprio curioso equilibrio. In questo senso i film assimilano in sé tocchi argentiani, come è evidente dall’uso espressivo e lirico della musica heavy metal (che contestualmente Argento sperimentava nelle sue regie, si vedano Phenomena e Opera), utilizzata per esaltare in maniera virulenta e brutale gli attacchi delle sue furie; oppure nei giochi cromatici della fotografia (che presentano echi da Inferno) e nella reinvenzione degli spazi chiusi dove si ambientano le due vicende (un vecchio cinema e un futuristico condominio); ma allo stesso tempo il dittico si distanzia dai modelli forniti dal maestro per esplorare fino in fondo le possibilità offerte dagli effetti speciali artigianali di Sergio Stivaletti (basti pensare al mostriciattolo di Démoni 2), complice lo strepitoso lavoro dei truccatori capeggiati da Rosario Prestopino (i démoni sono tra le creature più ributtanti e spaventose transitate su schermo).

Certo, in questo caso manca ancora quella spinta mélo che invece connota i più recenti lavori di Argento, nettamente sopravanzata da una tensione metafilmica che serve proprio a ribadire la volontà di creare una mitologia per un’epoca ossessionata dall’immagine e dalla sua rappresentazione. I Démoni baviani, infatti, assimilano su di sé il culto della raffigurazione su schermo che negli anni Ottanta diviene strumento portante dell’immaginario popolare e viatico per l’anestetizzazione del pensiero critico. In questo senso i Démoni non vanno assolutamente visti come evoluzione (o degradazione) dello zombi romeriano, quanto come creature autosufficienti, quasi monadi, perfettamente conchiuse all’interno di un meccanismo che ha per riferimento unicamente se stesso: lo stesso Argento nel libro-intervista "Nuovo Cinema Inferno" di Daniele Costantini e Francesco Del Bosco (Pratiche Editrice) ne parla come di una metafora di una società anni Ottanta dove tutti “erano attratti dal mito della forza, del decisionismo craxiano, della ricchezza, del denaro, del mangiare, dello sfrenato consumismo di quell’epoca assurda.

La consapevolezza mostrata dal duo Argento-Bava permette a questi esseri di vantare una loro purezza, che si riflette poi nei film medesimi, dove la ripresa di più celebri modelli, la meccanica del contagio e l’andirivieni tra i diversi livelli di “realtà” non diviene mai facile ammiccamento allo spettatore: possiamo anzi vedere i démoni come il virus che rinfaccia all’imbelle pubblico televisivo la propria pochezza, e in questo senso il finale del secondo capitolo con i televisori che vengono distrutti, è liberatorio e conferisce al dittico una compiutezza e compattezza soddisfacente.

 

Curiosità 

Il soggetto originale di Dardano Sacchetti prefigurava un film in tre episodi: successivamente Lamberto Bava decise di concentrare gli sforzi su una soltanto delle tre storie e di svilupparla per un lungometraggio, dando vita al risultato che oggi conosciamo.

La fase di sceneggiatura richiese circa cinque mesi.

La serie doveva vantare un terzo capitolo, dove i démoni sarebbero usciti dalla carta stampata all’interno di una cattedrale gotica. Alcune incomprensioni fra Argento e Lamberto Bava fecero però naufragare l’idea, poi ripresa per il plot di base de La chiesa, diretto da Michele Soavi.

Nel cast dei due film spiccano le figlie di Dario Argento: Fiore (in Démoni) e Asia (in Démoni 2).

Sempre nel cast del primo film troviamo anche il futuro regista Michele Soavi, nel doppio ruolo dell’inquietante figura mascherata e dell’attore all’interno del film proiettato nel cinema Metropol.

In Démoni 2 è invece Lamberto Bava a ritagliarsi una parte cameo nel ruolo del padre di Sally, il personaggio interpretato da Coralina Cataldi Tassoni (attrice-feticcio di Argento).

Gli attori Bobby Rhodes e Lino Salemme sono gli unici a comparire in entrambi i film, sebbene in ruoli differenti.

In Démoni, nell’atrio del cinema Metropol, campeggia un poster del film Quattro mosche di velluto grigio, mentre la maschera da cui parte il contagio non può non far pensare alla Maschera del Demonio di Bava padre.

Esiste anche un Demoni 3 diretto da Umberto Lenzi che però non ha nessuna attinenza con il dittico di Argento/Bava e racconta una storia di zombi e voodoo.

 

Démoni – trailer (in inglese)

 

Démoni 2 – trailer (in inglese)

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