SPECIALE DARIO ARGENTO – La Versione di Argento: "Il Fantasma dell'Opera"

Una storia già abbondantemente scritta, raccontata ormai decine di volte, che il regista trasforma in puro luogo-cinema da sventrare, ricostruire, riabitare. Così Argento imbriglia il suo Fantasma, lo esorcizza. Riuscendo contemporaneamente a imporre una versione definitiva – eversiva, fuori controllo, aliena – del celeberrimo romanzo di Gaston Leroux. La sua Versione. Leggi tutti gli articoli dello speciale

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Regia: Dario Argento 
Interpreti: Asia Argento, Julian Sands, Andrea Di Stefano, Stefano Sarchielli, Claudia Rinaldi
Durata: 106’
Origine: Italia, 1998
Distribuzione home video: Medusa

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["Considero "Il Fantasma dell'Opera” come il mio film del destino. Varie volte nella mia vita questa storia mi è girata intorno. E' una storia talmente bella che ha avuto almeno dodici diverse versioni cinematografiche: è stato il primo film horror che vidi quando non avevo ancora dieci anni. Ne rimasi talmente impressionato che – credo – quel film abbia segnato in qualche maniera per sempre la mia vita al punto di cambiare qualcosa dentro di me” ] *

Dario Argento incrocia il suo Fantasma da ragazzino, nella versione a colori di Arthur Lubin. Poi, qualche anno dopo, durante le riprese di Suspiria, gli capita di guardare la versione muta di Loan Chaney del 1925: a quel punto lo riconosce e decide di affrontarlo. Argento si ritrova così davanti ad una storia già abbondantemente scritta, raccontata ormai decine di volte, e quindi assolutamente da riscrivere, da raccogliere e reinventare, infiammando l'immutabilità del topos letterario con il caos di una visione forse mai così ispirata, potente, in vena di calembour e mescolanze post-moderne. Lo sguardo di Argento plana così sul palco di un'Opera magistrale – visivamente sinfonica e assolutamente radicale nella forma e vi installa la propria luce multiforme, il proprio dna composito, i propri incubi cangianti. Un ideale e perfetto congegno narrativo – materia disponibile, vergine proprio perché già infinitamente abusata – che il regista trasforma in puro luogo-cinema da sventrare, ricostruire, riabitare. 
Così Argento imbriglia il suo
Fantasma
, lo esorcizza. Riuscendo probabilmente a imporre una versione ultima, definitiva, del celeberrimo romanzo di Gaston Leroux. La sua versione…

["Con lo sceneggiatore francese** a Parigi ridevamo moltissimo nel creare determinate situazioni e scene. Ci siamo ispirati ai feullietton pubblicati a puntate sui giornali, un genere composito con un misto continuo di storia, ironia, politica e paura. I film devono essere così, veloci, perché mica si può mostrare tutto. Vediamo storie troppo complicate."]

La sua versione – la versione di Argento – è probabilmente quella che, tra tutte, più liberamente evade le contingenze narrative del melodramma originario. Le evade per trascinarle all'interno di uno sguardo più largo, di una più ampia ed esplosiva idea di Cinema-sincretico che frulla insieme forme e linguaggi diversi – melodramma e farsa, invenzioni surreali e ricostruzione storica, sangue e lirica – riuscendo alla fine a recuperare in pieno lo spirito irriverente, il ritmo caleidoscopisco e l'anarchia strutturale dei romanzoni a puntate ottocenteschi. Un film fatto di sfondi che cambiano, forme che si dissolvono, ambientazioni che mutano ad ogni sequenza ed in cui Argento getta letteralmente i corpi – i suoi corpi, i corpi degli attori (su tutti, ancora una volta quello della figlia Asia, ancora una volta corpo-strumento dello sguardo paterno) – che si spostano, lottano, si spappolano o sopravvivono quadro dopo quadro, quasi fossero tutti intrappolati in un sorprendente e oscuro videogioco. Cinema ad alta velocità, cinema divertito che continua a giocare con sé stesso e con il proprio pubblico, pronto a mutare forma giusto un attimo prima di farsi catturare, sfuggendo inesorabilmente alle gabbie dei generi ed al giochino delle definizioni.  

["Non credo che questo film sia un horror. E' una pellicola cupa che parla di passioni, ma non è particolarmente violento. Francamente non so nemmeno definire bene cosa sia esattamente una pellicola horror. Amo fantasticare – mi piace lasciare spazio all'intelligenza dello spettatore e alla sua immaginazione – e desidero raccontare le storie dei personaggi che stanno nella mia coscienza e che mi perseguitano da anni. La verità mi interessa solo sul giornale."]

Autentica prova di forza nel cinema di Dario Argento, Il Fantasma dell'Opera è la dimostrazione dello strapotere di un vedere che, finanche stretto nei vincoli della trasposizione letteraria, arriva a farli letteralmente esplodere dall'interno. Vero manifesto muscolare di un cinema che non sta dentro, che trapassa per forza di cose ogni forma già acquisita, rimanendo sempre eversivo, fuori controllo, alieno.
Resta significativamente uno dei film meno apprezzati e compresi di Argento***,
una cosa mai vista
in un certo senso, che sembra segretamente custodire l'essenza di un'identità visiva che non sa e non può nascondersi, preda di un'inevitabile e incessante coazione a rivelarsi, a manifestare la sua immensa forza ed il suo modo. Condannata a riportare sempre, da sempre, senza sosta, la propria versione. 

 


 

* = Le dichiarazioni di Argento sono tratte dall'intervista di Marco Spagnoli pubblicata su "Delos – Rivista di Fantascienza"

** = Lo sceneggiatore cui fa riferimento Argento è Gérard Brach

*** = Uno dei pochi a riconoscere, al momento dell'uscita in sala, l'assoluto valore della pellicola fu Roberto Nepoti su Repubblica, con una recensione coraggiosa e particolarmente illuminata.

                                                                  

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