SPECIALE GHOSTBUSTERS – Ghostbusters II – Acchiappafantasmi II, di Ivan Reitman

ghostbusters II

Seguito sfortunato, Ghostbusters II è innanzitutto un film consapevole dei suoi limiti e delle sue possibilità, che neanche per un secondo abbandona la sfacciata strafottenza con cui dichiara palesemente di non aver paura di vivere all'ombra di un gigante. Un cinema ectoplasmatico, residuale nella nostra memoria e che, purtroppo, difficilmente tornerà in vita.

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Ghostbusters II probabilmente era solo il film sbagliato, nel momento sbagliato. A cinque anni di distanza dalla prima apparizione sugli schermi, l'interesse da parte del pubblico per la serie degli acchiappafantasmi si era tramutato in una sorta di culto, e l'universo narrativo (operazione figlia di una volontà di espansione già preannunciata all'interno del primo film) aveva ormai allargato i suoi confini su altri media, si pensi alla fortunata serie di cartoni animati andata in onda dal fino al 1991.

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Le possibilità cinematografiche dei Ghostubusters erano raccolte fondamentalmente tra l'imperativo categorico (e il film di consigli ne imponeva parecchi) di “non incrociare mai i flussi” fino alla loro effettiva sovrapposizione ed esplosione finale. Una compattezza narrativa chiusa in se stessa che non lasciava nulla in sospeso. Il secondo Ghostbusters si ritrova quindi in una difficile posizione, tra il dover accontentare i fan riproponendo le stesse caratteristiche (narrative, formali) che avevano caratterizzato il mito e il tentativo di crearsi una sua identità. È ovvio che il confronto diretto non può che essere disastroso già in partenza, portando il pubblico e la critica a bollare il film come scadente e irrispettoso.

Ed eccoci quindi, un quarto di secolo dopo, ad accostarci di nuovo ad uno dei seguiti cinematografici più sfortunati della storia. E se il tempo non è che una finestra possiamo considerare lucidamente Ghostbusters II come il canto del cigno di un'era della comicità americana che non tornerà più. Durante tutta la pellicola si respira quell'aria di familiarità propria di una riunione tra vecchi amici, quella coesione perfetta, ma ormai stanca, tra scrittura e regia che poteva essere frutto non solo di una collaborazione professionale, ma di una condivisione fraterna. La combriccola del Saturday Night Live torna a far danni a New York, ad infestare la città fino a sommergerla completamente. Non importa quale sia la minaccia, come suggerisce lo spot televisivo, sai già chi chiamerai. E se Ghostbusters è ormai un simbolo, genialmente questo cinema non può che appropriarsi per piegare alla sua volontà, il simbolo per eccellenza di tutta una nazione: la Statua della Libertà.

 

In un fantastico gioco al rilancio (come si poteva andare oltre il gigantesco pupazzo Marshmallow che semina il panico per le strade di New York?), Reitman e soci liberano dalla fissità l'immagine statica per eccellenza, la cui vista faceva esclamare “terra” a chi nel '900 cercava una nuova vita e che tutt'ora incarna il libero pensiero di ogni cittadino americano (se di american dream oggi si può ancora parlare). La potenza visiva supera i limiti dell'immaginazione, ed ancora una volta, goffamente cerca quella sinestesia associando al lento incedere della statua le note di Higher and Higher nella versione di Howard Huntsberry. Oltre il banale patriottismo, come si può non rimanere coinvolti in un'esplosione sensoriale del genere?

 

Si parla giustamente di fantasmi. Al ricordo costante di John Belushi, che nuovamente rivive in Slimer, si aggiunge oggi il fantasma di Harold Ramis. Come interprete, dove Egon è uno dei tre cuori pulsanti dei Ghostbusters, ma soprattutto come scrittore. Sceneggiatore per la seconda volta insieme a Dan Aykroyd, è uno degli autori fondamentali ed ingiustamente dimenticati dal cinema americano. Mente geniale dietro a veri e propri capolavori senza tempo (Groundhog Day), padre spirituale di tutta la nuova comicità americana di Judd Apatow e soci (non a caso il ruolo interpretato in Molto incinta), Ramis va ricordato attraverso ogni suo singolo sforzo.

 

Ghostbusters II è un ottimo esempio del suo talento: una scrittura semplice e cristallina che pone le proprie fondamenta su una comicità mai volgare o banale. Un modo di ridere che chiede allo spettatore la totale fiducia nel lasciarsi andare ad un non-sense paradossalmente serio e fanciullesco. Ma soprattutto una storia consapevole dei suoi limiti e delle sue possibilità, che neanche per un secondo abbandona la sfacciata strafottenza con cui dichiara palesemente di non aver paura di vivere all'ombra di un gigante. Un cinema ectoplasmatico, residuale nella nostra memoria e che, purtroppo, difficilmente tornerà in vita.

 

 

Titolo originale: Ghostbusters II
Regia: Ivan Reitman
Interpreti: Bill Murray, Dan Aykroyd, Harod Ramis, Sigourney Weaver, Rick Moranis
Durata: 108'
Origine: Usa 1989

 

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