SPECIALE Gomorra/Il Divo – Su Gomorra (replica)

Gomorra"...forse, per un'opera del genere, è più utile essere "importante" (segno di un cinema civile che riprende forma in Italia sulla tradizione di quello di Rosi e Petri) che "bella". Prosegue il dibattito sui film italiani al Festival di Cannes, Gomorra e Il Divo. Simone Emiliani risponde alla lettera dello sceneggiatore Massimo Gaudioso, provando a spiegare meglio le sue osservazioni (e critiche) sul film di Matteo Garrone

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GomorraCaro Massimo,

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Lo ammetto, Gomorra mi ha lasciato prevalentemente freddo. Non è che non mi è piaciuto ma non è scattato qualcosa che poteva catturarmi completamente. Ci sono certi momenti che mi hanno anche coinvolto e, come ho detto nell'articolo, riesce a reggere molto bene la sua durata senza intensità. Inoltre, come ho sottolineato, è un'opera più importante che bella. E forse, per un'opera del genere, è più utile essere "importante" (segno di un cinema civile che riprende forma in Italia sulla tradizione di quello di Rosi e Petri) che "bella". Sul pezzo provo a risponderti sui due punti, tenendo sempre presente che sulle recensioni dai festival di solito non possiamo superare le 2000/2500 battute. Con la recensione del film di Matteo Garrone siamo arrivati a 3600. E' chiaro che un'opera complessa di quel tipo avrebbe avuto bisogno di circa 10000 battute.

1) So benissimo che non è un noir nel senso classico del genere e la mia definizione non intendeva etichettarlo. E' più un fatto di atmosfera. Di colori grigi, che sembrano nascondere sempre qualcosa e qualcuno nel fuori-campo, di utilizzo degli esterni che appaiono una specie di labirinto senza uscite un po' come i personaggi di quel film. Di volti, che conservano una loro ambiguità, che si muovono come corpi nell'ombra, invisibili però presenti (per esempio don Ciro e il sarto Pasquale). E' chiaro che il film di Placido è lontanissimo e il raffronto tra le due pellicole si riferiva proprio alla sua coralità, a questo insieme di personaggi che tendeva a vivere e ad agire nell'ombra, di un senso anche di claustrofobia degli spazi che i due film, sia pure in forme diverse, almeno personalmente mi hanno comunicato.

2) Quel momento in cui Pasquale vede Scarlett Johansson in tv aveva, per me, un potenziale potere ipnotico. Da una parte c'era la tv con le immagini del vestito dell'attrice americana, dall'altra c'era lo sguardo del sarto. Due spazi separati, ma che improvvisamente sembravano legati da una sorta di filo diretto. Nel momento in cui Pasquale era come attratto, inghiottito da quella luce dello schermo della tv, stava "come uscendo dalla storia" e avvolto in un'altra dimensione, quasi onirica. Ecco, mi è sembrato che lì ad un certo punto – sicuramente anche per la densità della storia, del numero dei personaggi, degli eventi – ci sia stato uno stacco da quella scena che mi è parso troppo netta, troppo improvvisa. Personalmente, quel momento mi stava avvolgendo completamente. E' stato come un improvviso risveglio.

Pronto a discutere ancora e a confrontare le nostre posizioni, intanto ti saluto

simone emiliani

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