SPECIALE "IL CARTAIO" – La solitudine di Anna

È lei il destinatario dei messaggi del "Cartaio", il punto focale, l'interfaccia tra un desiderio (quello del carnefice) e la sua negazione, tra l'agire e il reagire dei personaggi, tra la pulsione e la funzione del sistema thriller posto in essere da Argento. Prosegue il dibattito sull'ultimo film di Dario Argento.

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La solitudine di Anna è la sua funzione passiva, la sua astenia emotiva, l'impassibilità di fronte al bene come al male che è la sua condizione di partenza, ed è la condizione di partenza dell'assassino stesso… È lei il destinatario dei messaggi del Cartaio – inteso come funzione dell'intreccio (ovvero "l'assassino") ma anche come entità diegetica in sé, o più semplicemente inteso come "film"… Anna è il punto focale, non già la vittima né il sospetto, né tanto meno, a ben pensarci, l'indagatore – ché il suo ruolo nella scoperta dell'assassino è, anche questo, del tutto passivo: non è lei (ma Romolo) a giocare le partite; non è lei (ma John) a indagare, mettere insieme i tasselli e scoprire la verità; non è lei (ma le ignare ragazze) la vittima predestinata… Anna è solo l'interfaccia tra un desiderio (quello del carnefice) e la sua negazione, tra l'agire e il reagire degli attanti, tra la pulsione e la funzione del sistema thriller posto in essere da Argento. Il quale, ancora una volta, gioca l'insorgenza del male su una ferita del passato, elabora sul trauma della protagonista (in questo caso il suicidio del padre di Anna, accanito giocatore di poker) la reificazione di un incubo che la coinvolge inconsciamente e tara soggettivamente rispetto a lei la focalizzazione dell'intreccio. La sequenza dei titoli di testa è in questo senso lapalissiana, frenetica nel rapido succedersi di inquadrature soggettive che descrivono l'arrivo in ufficio di Anna in una definizione "perimetrale" del suo agire, quasi a seguire i contorni delle sue azioni, quasi a stare nella pupilla stessa e nel suo parcellizzato fissare la visione per frammenti consequenziali…

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Noi siamo in Anna e Anna è in se stessa, sempre e comunque, perno su cui si gioca l'intera struttura del film. Così come su di lei è sempre l'assassino, funzione sovrapposta sin dall'inizio, quasi vittima di questa donna che rifiuta la vita e alla quale sin da subito porta la vita: fiori, semi, pollini…; alla quale sin da subito dice tutto, nella scelta stessa del gioco, nel segno di quelle carte i cui semi parlano chiaro, dicendo d'amore (cuori) e dedizione (fiori), di lame (picche) e di cornici (quadri) di morte in cui contenere a distanza la visione web delle uccisioni. Un rapporto perverso di passiva simbiosi che infatti consuma il suo duplice contatto nei luoghi più intimi che appartengono soggettivamente ad Anna: la sua abitazione, violata dall'assassino in una magistrale sequenza totalmente "argentiana", in cui il maniaco non a caso non è che un'ombra immersa nel buio voluto da Anna, un fantasma al quale la ragazza lascia aperta la porta e al quale non riuscirà neanche a sparare ("Spara! Dai, spara!", dice a se stessa la protagonista, senza tuttavia trovare la forza di premere il grilletto…); e i binari della ferrovia, sui quali il padre suicida di Anna aveva trovato la morte, e sui quali l'assassino la porta per la resa dei conti finale, in un speculare gioco d'autoannientamento nel quale i due sono legati l'uno all'altra.


Il cartaio, dunque, è un saggio in forma di thriller semplice e lineare sull'occlusione della soggettività, sulla prigionia dell'identità in se stessa, ed Anna ne è l'incarnazione. La sua presenza radicalmente intransitiva alla fine imparerà a uscire da sé, stare nel mondo, accettare la vita, farsi inseminare proprio come l'assassino "inseminava" di polline le sue vittime. Alla fine Anna si scoprirà in attesa della vita, e solo allora Argento la lascerà davvero uscire dal frame, superare il perimetro dell'inquadratura in cui (come l'assassino le sue vittime) l'ha costretta, passivamente, per tutto il film.


E il fuorifuoco sullo sfondo notturno sarà l'ultima immagine tenuta (come al solito) per un po' da Dario Argento nell'inquadratura vuota su cui stanno scorrendo i titoli di coda: "Avete visto IL CARTAIO"! Sì, abbiamo visto…






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