SPECIALE "IL TEMPO DELLE MELE" – Dal "principio d'immedesimazione" alla "partecipazione ludica"

"Il tempo delle mele" è sì un film per adolescenti, ma comunica anche con le altre generazioni, quale spazio aperto di relazioni, conflitti; sono proprio queste relazioni l'oggetto principale del film. E' un'opera aperta, insomma si rivolge a tutti ed è per questa ragione che ha avuto quel gran successo

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Con Il tempo delle mele si può considerare terminato anche il tempo del film "generazionale" così come era stato dagli anni Cinquanta. Almeno quel tipo di film, anche un genere se vogliamo (non è curioso il gioco di parole tra genere/generazione), che era una pratica di spettacolo strutturata sul principio di immedesimazione degli spettatori con i  personaggi cinematografici. Questa immedesimazione procedeva per specularità, laddove il riconoscimento della vita dei personaggi costituiva il momento cruciale del patto tra spettatori adolescenti e film. Riconoscimento della propria vita in quella "classe" di età particolare. Il tempo delle mele è organizzato sullo scambio fra tre generazioni. Sono naturalmente i genitori, i figli e i nonni. Come si può facilmente evincere, Il tempo delle mele è sì un film per adolescenti, ma comunica anche con le altre generazioni, quale spazio aperto di relazioni, conflitti; sono proprio queste relazioni l'oggetto principale del film. Non ha importanza che la protagonista adolescente abbia un'intimità maggiore con la nonna piuttosto che con la madre. Si tratta invero di stereotipi e luoghi comuni ai quali il film aderisce completamente, come del resto la crisi coniugale fra i genitori che si sviluppa secondo i più triti canoni, e che sono sfruttati dal film per la comicità che ne deriva. Comunque prova del fatto che Il tempo delle mele è un'opera aperta, insomma si rivolge a tutti ed è per questa ragione che ha avuto quel gran successo.

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Il principio di immedesimazione nel film generazionale, da Gioventù bruciata a Il tempo delle mele e ai suoi pochi epigoni, è venuto meno. Negli anni Ottanta questo principio cede, perché è messo in crisi dalla stessa crisi d'identità delle nuove generazioni. Tale crisi però non coincide con assenza di idee, semmai afferma che non è più possibile per un film riassumere gran parte delle caratteristiche degli adolescenti degli anni ottanta e novanta. Tali generazioni, che nessuno è stato in grado di sondare cinematograficamente (forse soltanto L'odio di Mathieu Kassovitz, Doom Generation di Gregg Araki o Ken Park di Larry Clark), sono ormai attratte da un altro principio: quello di "partecipazione ludica" all'evento audiovisuale, quale esso sia. Nella partecipazione ludica non sono escluse gli atteggiamenti e le situazioni di ricostruzione del reale e del quotidiano che tuttavia sono in modo definitivo demandate alla forme nuove di reality o da altri format televisivi. Così non ci può esser più un "tempo delle mele" che assuma la centralità e la "valenza universale" del passato (seppur contestabile), perché un film "generazionale" deve essere fenomeno mediatico e trasmettere a pelle alcune sensazioni viscerali, che però non riguardano soltanto le opere cinematografiche, ma naturalmente tv, videogames, internet. I casi più emblematici ci sembrano The Blair Witch Project e Harry Potter: la cui origine letteraria deve far riflettere sui nuovi modi di leggere la letteratura contemporanea. Queste due opere delimitano il campo della "partecipazione ludica", che è contraddistinta da una virtualità dominante e da una componente fantastica molto forte.


Il tempo delle mele, che è ormai lontanissimo anni luce dall'ultima versione di Playstation, laddove le pratiche spettacolari hanno definitivamente ceduto il posto alla interazione diretta tra spettatore e audiovisivo (come può esserlo un videogame), ci lascia soltanto la traccia documentaria di un modo ormai arcaico di organizzare strutture spettacolari. Di derivazione scritta, laddove la sceneggiatura firmata da Danièle Thompson mirava esclusivamente a far funzionare il dialogo fitto tra personaggi, le loro interazioni. Queste ultime cominciavano a far baluginare il senso di un punto vivido percettivo, che insomma incidesse sul livello immaginario dello spettatore. Si trattava di qualche secondo di una scena: quando il fidanzato di Vic/Marceau metteva la cuffia del mitico walkman e trascinava la ragazza in un lento indimenticabile. Questa azione era il lontano futuro del Tempo delle mele, il vero centro di azione e interazione (di sensi). Solo che allora non lo sapevamo.


 


 


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