SPECIALE "IO E TE" – Gioventù Nascosta

io e te
Se il risveglio è il caso esemplare del ricordare, la gioventù, per Bertolucci, è il caso esemplare del ri-montare il tempo. Bertolucci non fugge il futuro ma lo evoca in quelle esperienze giovanili nei cui turbamenti esso ha lungamente covato, per poi essere sepolto nel presente. Il “tempo perduto” di Bertolucci non è il passato, ma il futuro.

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La mano avanza attraverso la fessura della dispensa socchiusa, come un innamorato nella notte. Poi, una volta abituatasi al buio, eccola cercare a tentoni zucchero o mandorle, una sultanina o conserva. E come l'amante che prima di baciare la sua amata l'abbraccia, così il tatto li conosce prima che la bocca ne assapori la dolcezza” (Walter Benjamin)

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Se il risveglio è il caso esemplare del ricordare, la gioventù, per Bertolucci, è il caso esemplare del ri-montare il tempo. Ogni immagine del ragazzo solo in una stanza, si trasforma al contatto con altre immagini come un colore al contatto con altri colori, generando una nuova intensità dell'immagine. Non c'è immagine, non ci sono che immagini. E c'è una certa forma di assemblaggio delle immagini: non appena ce ne sono due, ce ne sono tre. Non appena giunge il fermo immagine finale, parte il montaggio di una vita trascorsa, dell'immaginario di tutti noi nascosto in fondo al cuore, che fa vedere e trasforma il tempo del visibile parzialmente ricordato in reminiscenze, che genere un sapere non solo sul passato, ma anche sul tempo a venire. Bertolucci non fugge il futuro, costellato di barriere, ma lo evoca in quelle esperienze giovanili nei cui turbamenti esso ha lungamente covato, per poi essere sepolto nel presente. Il “tempo perduto” di Bertolucci non è il passato, ma il futuro. Il cinema di cantina di Bertolucci oscilla perennemente tra presentimento e prefigurazione. Compare un indice segreto, un segnale (forse stavolta una favola musical, chissà), una profezia reale e storica che parla dell'avvenire. In casa il giovane Bertolucci conosce già tutti i posti dove nascondersi e ci ritorna come in una casa dove si è sicuri di ritrovare tutto come lo si è lasciato. Il cuore gli (ci) batte forte, trattiene il fiato, per non far rumore. Qui è chiuso dentro il mondo della materia. Esso gli appare distinto in modo straordinario, e lui gli si accosta senza parole. Il giovane Bertolucci che si nasconde dietro le tende diviene a sua volta qualcosa di bianco e svolazzante, un fantasma. E dietro una porta è anche lui porta, è coperta da essa, maschera massiccia e, da stregone, lancerà l'incantesimo su tutti quelli che proveranno a varcare la soglia. Chi lo scopre può imprigionarlo a vita nella porta massiccia, intesserlo per sempre nelle tende come un fantasma, o immortalarlo per sempre in quel solito fermo immagine, per la strada sottostante. Fermo immagine che stavolta da presentimento si fa prefigurazione del reale, che annuncia e presenta in sospensione qualche altra cosa, anch'essa reale e storica. E quando il giovane Bertolucci viene preso da chi lo stava cercando, fa uscire con uno strillo acuto il demone che l'aveva così tramutato perché non lo trovassero. La casa/cantina è, in essa, l'arsenale delle maschere. Però, in angoli misteriosi, nelle sue orbite vuote, si celano dei desideri. Il giovane Bertolucci, architetto del buio nascondiglio, ne rompe gli incantesimi e scavalca le barriere, cercando una via d'uscita, per l'ultima volta, ancora in quel fermo immagine, in cui la gioventù è un luogo e un tempo in cui siamo davvero stati? O siamo solo ora nella sua immagine?
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