SPECIALE "IO E TE" – La Ronde infinita

io e te

C’è sempre un dentro (la sala) e un fuori (nel mondo) che il cinema di Bertolucci disegna: la cantina dei sogni è la saletta buia del proiezionista, dove ogni movimento è già stato ripreso e in attesa di essere proiettato sul mondo. Ciò che sognavano ieri Olmo e Alfredo da un tetto nella campagna emiliana è la stessa città che sognano oggi Lorenzo e Olivia 

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Novecento, di Bernardo BertolucciQuando più la cicala non s'ode cantare,

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e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,

quasi all'improvviso, una smania prende le gambe

e si corre sino a perdere fiato,

nella fresca sera, paurosi e felici.

— "Ricordo di fanciullezza", Attilio Bertolucci

Fuori piove. I piccoli Olmo e Alfredo sono lassù, in un solaio carico di bachi da seta pronti alla metamorfosi, perché “dal bozzolo la farfalla fa un buco e vola via”. Fanno a botte parlando di ricchi padroni e socialisti dalle tasche buche, vivono lo stesso tempo e mondi diversi… ma poi smette di piovere. Si avvicinano alla finestrella fuori campo e, in quel perfetto e fugace momento in cui il sereno torna dopo la grandine, vedono in lontananza una fantomatica città. Entrambi. Vedono Duomi e Campanili, fabbriche e strade nuove. Ma noi no. Noi non possiamo vedere quell’oltre, perché il nostro sguardo è (s)confinato nel primo piano dei loro giovani volti: il nostro oltre è in quegli occhi sorridenti che guardano.

Non so perché mi sia venuta in mente questa particolare scena di Novecento, sepolta nella mia memoria, e riaffiorata come un fiume in piena vedendo l’ultimo splendido film di Bernardo Bertolucci. O forse sì, forse lo so, forse perché ciò che guardavano ieri Olmo e Alfredo da un tetto nella campagna emiliana è la stessa città che sognano oggi Lorenzo e Olivia oltre la loro cantina ai Parioli. È la città del cinema abitata da fantasmi di memoria e pulsioni di crescita, incontri fortuiti e abbracci lunghi una vita. C’è sempre un dentro (la sala) e un fuori (nel mondo) che i film di Bertolucci disegnano: si sbaglia a semplificare parlando di “cinema citazionista”, perché il suo movimento non è mai stato una sterile rincorsa al cinema ma sempre una leggera danza nel cinema.

io e teLa cantina dove Lorenzo si rifugia è la saletta buia del proiezionista, dove ogni movimento è già stato ripreso, confinato in pellicola e in attesa di essere proiettato sul mondo. Crescendo per liberarsi solo dopo in immagine. E allora (ri)guardiamo per la prima volta i movimenti ferini e sinuosi di Tea Falco/Olivia che irrompe nell’inquadratura come Merlene Dietrich in Venere Bionda, con piume che le nascondono il volto appartenute anche a Maria Shneider in Ultimo Tango a Parigi, fumando in controluce come Lauren Bacall ne Il Grande Sonno. Entra in campo, da una scala a chiocciola, e travolge la vita del giovane Lorenzo che desidera/respinge sua madre come il coetaneo Joe de La Luna, immerge il suo volto nell’acqua di un lavandino per guardare meglio come Jean ne L’Atalante, infine si apre sorridente alla luce dell’immagine nello stesso freeze frame dell’Antoine Doinel de I quattrocento colpi. Suggestioni, volontarie o involontarie, immagini che fluttuano come una ronde ophulsiana che non si stanca mai di corteggiare quel sublime “desiderio di essere inutile” che tanto oggi ci manca. La vita vera, quella delle passioni e degli amori, della morte di una nonna o delle canzoni cantate a squarciagola, è proiettata lì fuori, oltre le sbarre di una cantina dei sogni che dopo sette giorni si dovrà abbandonare per crescere. Ma è lì dentro che il fascio di luce sentimentale ha avuto origine: ragazzo solo, ragazza sola

Chi l’avrebbe mai detto che un sottoscala ai Parioli ci avrebbe restituito un giovanissimo sguardo registico, che svecchia in una sola inquadratura la palude silenziosa del cinema italiano. Sguardo capace ancora di correre “sino a perdere fiato, nella fresca sera, pauroso e felice”. Sguardo intimamente consapevole che tra lo schermo e la sala, tra Olmo e Alfredo, tra Lorenzo e Olivia, c’è una congiunzione di vita che solo la luce del cinema può ancora immaginare. Io e Te.

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