SPECIALE "LA REGOLA DEL SILENZIO" – Robert Redford. Una Filmografia Americana
Ripercorriamo brevemente i nove film da regista di Robert Redford. Una filmografia compatta dall'acclamato Gente comune al recente, bellissimo, La regola del silenzio, ultimo capitolo di una trilogia politica iniziata nel 2007 con Leoni per agnelli e proseguita due anni fa con l'eccellente The Conspirator
Ripercorriamo brevemente i nove film da regista di Robert Redford. Una filmografia compatta, sincera, rispettosa del Cinema. Tasselli di una poetica americana coerente, rigorosamente democratica nel linguaggio e nei contenuti dall'acclamato Gente comune al recente, bellissimo, La regola del silenzio, ultimo capitolo di una trilogia politica iniziata nel 2007 con Leoni per agnelli e proseguita due anni fa con l'eccellente The Conspirator
Gente Comune (Ordinary People, 1980)
Il difficile percorso di Conrad, Timothy Hutton alle sue prime esperienze, stretto tra i sensi di colpa per la morte del fratello maggiore, il difficile reinserimento nella quotidianità dopo un soggiorno in clinica e la madre che ne alimenta il disagio. All'interno di un quadro minimale, in un classico ambiente familiare si ramifica la forte conflittualità del film d’esordio di Redford. Amatissimo da Gus Van Sant (…mi sentivo molto coinvolto dall'ambientazione del film, essendo cresciuto in un ambiente simile ultraconservatore") e Paul Thomas Anderson, Gente Comune è esemplare, nel tirare le rette di interrotte geometrie familiari, rivelando da subito le capacità autoriali di Redford. Hollywood se ne accorse con quattro premi Oscar: Film, Regia, Attore non protagonista (Timothy Hutton), Sceneggiatura. (t.d.p.)
Milagro (The Milagro Beanfield war, 1988)
In un villaggio del New Mexico chiamato Milagro inizia una guerra tra un gruppo di contadini chicanos e un gruppo di imprenditori che intendono espropriare i terreni dei primi per costruire impianti sportivi e residenziali. Probabilmente il film più trascurato nella filmografia redfordiana, Milagro, tratto da un romanzo di John Nichols, conferma non soltanto le qualità morali e "democratiche" della poetica del regista, ma anche la sua spesso sottostimata qualità registica e "di confezione", con interessanti riflessioni sul rapporto uomo-natura. Oscar alla colonna sonora. (c.v.)
In mezzo scorre il fiume (A River Runs Through it, 1992)
Montana 1910-1925. Norman e Paul McLean trascorrono la propria infanzia nel culto della pesca e delle fede in Dio. Diversi l'uno dall'altro, dovranno imparare a crescere e a trovare la propria strada. Piccola grande epopea famigliare che racconta il rapporto tra due fratelli e un severo padre ferventemente religioso. I toni nostalgici e intimisti usati da Redford diventano specchio di una malinconica riflessione sull'America e il suo passato. Al centro di tutto però rimane sempre e soprattutto l'uomo e la grande letteratura popolare americana (Mark Twain). Fotografia di Philippe Rousselot premiata con l'Oscar. (c.v.)
Nel 1958, qualche anno prima dell'assassinio di Dallas di John F.Kennedy, gli Stati Uniti scoprono che il programma del quiz più in voga del momento, "Twenty-One", in realtà è truccato dai produttori, che fanno vincere o perdere i concorrenti in base a quanto riescono a bucare il piccolo schermo e a sbaragliare l'auditel. Quattro nomination all'Oscar (Film, Regia, Attore non protagonista, Sceneggiatura) per uno dei film migliori (e seminali) dell'attore-regista. La balla televisiva di Twenty-One come metafora della perdita di verginità di una nazione. Giù il sipario sul sogno americano. Alla sua quarta regia, Robert Redford confeziona un film tagliente, e in qualche modo scomodo. (f.m.)
L'uomo che sussurrava ai cavalli (The Horse Whisperer, 1998)
La quattorcicenne Grace MacLean è vittima di un terribile incidente che le fa perdere una gamba, una cara amica e mette in pericolo di vita il purosangue Pilgrim. La madre Annie contatta il cowboy Tom Booker, affinchè curi il cavallo e riconsegni speranza alla figlia. Tra Tom e Annie nascerà un forte sentimento amoroso. Tratto da un romanzo di Nicholas Evans, è il primo film di Redford in cui l'autore è anche interprete. Un melodramma lungo e struggente, in cui il mito della Frontiera e della Wilderness si sposa con l'intensità dei sentimenti e del dolore. Ancora una volta Natura e Uomo convergono in equilibrio dentro un film forse persino troppo personale e "americano". (c.v.)
La leggenda di Bagger Vance (The Legend of Bagger Vance, 2000)
Rannulph Junuh è un giocatore di golf che tornato ferito dalla guerra ritroverà la voglia di vincere solo perché un caddy, Bagger Vance nelle ambivalenti forme metafisiche di angelo custode e di misterioso personaggio che svanirà nel nulla, si dimostrerà disposto ad aiutarlo. Sport, amicizia, amore, american dream immortalati dalle immagini del grande Michael Ballhaus (cinematographer di Fassbinder, Scorsese, Nichols). Da un romanzo di Steven Pressfield, La leggenda di Bagger Vance è forse il film più classicamente americano di Redford, interseca l'intera opera del regista fondando la sua forza su elementi connaturati alle sue regie. Una storia, a metà tra la favola e la realtà che fa scoprire il lato incantevole e sorprendente della vita attraverso il passaggio obbligato della sconfitta (t.d.p.)
Leoni per agnelli (Lions for Lambs, 2007)
Un giovane e ambizioso senatore repubblicano Irving Jasper, convoca nel suo ufficio Janine Roth, una esperta giornalista politica per convincerla ad appoggiare mediaticamente una massiccia campagna militare finalizzata a dare un colpo definitivo alla resistenza talebana nella zona di confine tra Afghanistan e Iran. In una università della California un professore di scienze politiche riceve un talentuoso ma disilluso studente cercando di convincerlo a partecipare alle proprie lezioni e raccontandogli la storia di due suoi allievi provenienti dalle classi basse, Arian e Ernest, che spinti dall’impulso di reagire concretamente a un sistema sociale penalizzante in madrepatria, hanno deciso di arruolarsi come volontari nei marines andando incontro a tragica fine. Film sulla parola e sul disperato tentativo da parte di ogni personaggio di credersi e far credere agli altri la legittimità della propria Idea. Come se nell’America di oggi il vero desiderio inconscio di ognuno non sia tanto quello di vincere o perdere la guerra, annientare il terrorismo o convivere con esso, quanto quello di ribadire una volta per sempre di essere dalla parte giusta, convincersi e convincere gli altri con un dialettica sottilmente violenta. Primo capitolo di una personalissima trilogia politica proseguita con The Conspirator e La regola del silenzio. (c.v.)
Dopo l'assassinio di Abramo Lincoln, un gruppo di sette uomini e una donna viene arrestato con l'accusa di aver cospirato per uccidere il Presidente, il Vice Presidente e Segretario di Stato. L'unica donna accusata è la quarantaduenne Mary Surratt, proprietaria di una casa dove John Wilkes Booth e gli altri pianificarono l'assassinio. Il ventottenne Fredrick Aiken, valoroso soldato nella Guerra Civile diventato avvocato, viene incaricato controvoglia di difendere Mary di fronte ad un tribunale militare. Uno dei risultati più alti di Redford regista, la camera verde di una nazione, quasi la versione al femminile di Fino a prova contraria esempio di un cinema civile ed etico che ritorna direttamente dagli anni '70, di assoluta trasparenza, oggi impossibile da riproporre anche da parte dei più giovani cineasti statunitensi migliori, ma anche struggente melodramma familiare che ritorna sui luoghi di Gente comune. (s.e.)
La regola del silenzio (The Company you Keep, 2012)
Jim Grant è un padre single nonché un avvocato di successo che vive in un tranquillo quartiere alla periferia di Albany. La sua vita viene sconvolta quando uno spregiudicato giornalista, Ben Shepard, rivela al mondo che Jim Grant, negli anni '70, era un pacifista radicale militante di Weather Underground sulla cui testa pende l'accusa di omicidio. L'uomo sarà quindi costretto a dimostrare la propria innocenza mentre tenta di fuggire ad una dilagante caccia all'uomo.Questo Redford potrà sembrare ad alcuni paternalistico. Ma si pone in rapporto ai punti di vista, alle domande, al mondo con una problematicità che la stragrande maggioranza del cinema contemporaneo non ha neppure il coraggio di immaginare. Si muove sulla terra, nel cinema, anche con la capacità magnifica di fermarsi e annullarsi. (a.s.)