SPECIALE "Le regole dell'attrazione", di Roger Avary – Tra rielaborazione letteraria e caos

Roger Avary porta sullo schermo il romanzo omonimo di Bret Easton Ellis rielaborando visivamente la prosa post-moderna dello scrittore minimalista americano: un casino totale, ma sempre lucido e ironico, che raggiunge inaspettate vette di tenerezza e tensione emotiva.

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Con Le regole dell'attrazione Roger Avary ha tentato un'impresa quasi impossibile: rendere visivamente la prosa post-moderna di Bret Easton Ellis. Dal suo romanzo omonimo, scritto nel 1987, ha tratto un film che, nel segno di una coloratissima e cinica esplosione espressionista, trova il modo forse più efficace per riprodurre sullo schermo la scrittura dell'autore minimalista americano. In Le regole dell'attrazione il linguaggio cinematografico si sostituisce alla parola, i corpi dei personaggi si caricano del senso di corruzione dei nostri tempi; lo stile esasperato rende la frantumazione emotiva dei protagonisti di una storia inesistente.

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In questo senso, il film ricorda da vicino I Tenenbaum, sebbene ne ribalti il rapporto tra cinema e letteratura. Il film di Anderson è una rilettura visiva della prosa di Salinger, pensato esso stesso come un romanzo (la divisione in capitoli, la voce off onnisciente, la fissità della mdp…), mentre quello di Avary è la rielaborazione di uno stile letterario, un casino totale ma sempre lucido, dove gli split screen, il montaggio serrato e le immagini velocizzate rifanno la piattezza programmatica della scrittura di Ellis e "raccontano" la vita di un college dove non si fa altro che drogarsi e fare sesso. E se nei romanzi è l'accumulo degli elementi a fornire solidità, in Le regole dell'attrazione tale compito spetta alla relazione "emotiva" tra le immagini e la colonna sonora, con le melodie di Blondie, Donovan, dei Cure, di Harry Nilsson e di altri a fare da contrappunto ora nostalgico, ora perfido, ora tenero, a sequenze di esibita ricercatezza e falsità.


Esattamente come Ellis, Avary non crede mai nei suoi personaggi e nei loro vagabondaggi emotivi tra una stanza e l'altra del college: se ne racconta le vite perdute e i sentimenti azzerati, le perversioni sessuali e le debolezze da adolescenti, è solo per deriderne la fragilità o, peggio, per sbeffeggiare la malinconia tipica del racconto di formazione.


È però nel cinema che Avary crede ancora: un cinema che si mette in discussione e si supera continuamente, che costruisce le sue storie su un fertile vuoto di contenuti; un cinema che, ludico e insieme funereo, non sa più raccontare nulla se non se stesso, ma lo sa fare con una forza espressiva e una carica emotiva che il gelido minamilismo letterario di Ellis non ha mai posseduto.


La festa mobile dei nostri tempi è il cinema e niente meglio di un film, allora, sa raccontare chi siamo, dove andiamo e, come ci suggerisce l'incredibile finale, a cosa pensiamo mentre andiamo…


 


Titolo originale: The Rules of Attraction


Regia e sceneggiatura: Roger Avary dal romanzo di Bret Easton Ellis


Fotografia: Robert Brinkmann


Montaggio: Sharon Rutter


Musiche: tomandandy


Scenografia: Teresa Visinare


Costumi: Louise Frogley


Interpreti: James Van Der Beek (Sean Bateman), Shannyn Sossamon (Lauren Hynde), Kip Pardue (Victor Johnson), Jessica Biel (Lara Holleran), Ian Somerhalder (Paul Denton), Jessica Biel (Lara Holleran), Clifton Collins jr. (Rupert Guest), Eric Stoltz (Lance Lawson), Faye Dunaway (Eve Denton), Thomas Ian Nicholas (Mitchell Allen), Kate Bosworth (Kelly), Colin Bain (Donald)


Produzione: Greg Shapiro, Roger Avary per Kingsgate Films/Roger Avary Filmproduktion


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 110'


Origine: Usa/Germania, 2002


 

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