SPECIALE "NEMICO PUBBLICO" – E' Mann che scende dal cielo
Mann scende nella città-memoria, quella città in cui si inseriscono le tracce della grande storia collettiva, ma anche milioni di storie individuali. Mann dimora nella città-incontro, cioè la città in cui uomini e donne possono incontrarsi, ma anche la città che ci viene incontro, che si svela, che impariamo a conoscere come se fosse una persona. Mann si perde nella città-finzione, la città che minaccia di annullare le altre due, la città planetaria simile ad altre città planetarie. Una città, questa, fatta di immagini e di schermi in cui lo sguardo rischia di impazzire, come in un gioco infinito di specchi…
Il vero orizzonte ha da essere il termine della sfera dell'acqua, la quale sia immobile, perché tale immobilità statuisce superficie equidistante al centro del mondo, come a suo luogo sarà provato. Se il cielo e la terra fossero di piana superficie con inframmissione di spazio equidistante, senza dubbio l'orizzonte de' prospettivi sarebbe all'altezza di quell'occhio che lo vede; ma tali spazi paralleli sarebbe necessario fossero d'infinita distanza, s'essi avessero a parere all'occhio concorrere in linea, cioè in contatto; e questo contatto sarebbe all'altezza dell'occhio di esso risguardatore; ma perché la terra avrebbe minor quantità di piano che non sarebbe quello del cielo, egli accadrebbe che quando la planizie del cielo avesse il suo ultimo termine disceso al pari dell'occhio, l'orizzonte della terra sarebbe alzato all'ombilico del medesimo riguardatore, e per questo non concorrono al medesimo occhio; ma perché tal cielo e terra non sono divisi da spazio di parallela, o vo' dire equidistante planizie, ma di spazio convesso nella parte del cielo, e concavo nella parte che veste la terra, egli accade che ogni parte che ha la superficie della terra può essere orizzonte, il che accadere non può essendo piani il cielo e la terra, come si mostra nel cielo ab e nella terra fe, essendo l'occhio in g e la parete cd, dove gli orizzonti a f del cielo e della terra piani si tagliano ne' punti n m. (Trattato della pittura – Leonardo da Vinci).
Dillinger non è morto e rivela il rapporto che Mann ha instaurato con lo spazio e il tempo, allude ad una prospettiva autonoma e fondativa di un proprio “centro” e grazie a questo personalissimo sguardo ci restituisce tipologie di paesaggi o piuttosto specie di spazi. Landscapes, paesaggi urbani o interiori svelano una nozione di paesaggio, mobile, profondamente mutevole, debordante verso una dimensione che collima con un’esperienza visiva che è percorso interiore, un farsi di immagini. La nozione stessa di paesaggio è messa in discussione, per Mann ha inizialmente una connotazione del tutto interiore, un evento intimo, per poi farsi sguardo sprofondato nella quotidianità di oggetti, o ancora dettaglio. Il paesaggio è l'amico pubblico ed è anche finzione. Non esistono paesaggi incontaminati, neanche quelli tra gli alberi prima di sparare il fuggitivo; la contaminazione avviene per la presenza di Dillinger e della storia, del fruitore o spettatore. Parole di Marc Augé: “Ogni paesaggio esiste solo per lo sguardo che lo scopre. Presuppone almeno un testimone, un osservatore. Inoltre, questa presenza dello sguardo, che fa il paesaggio, presuppone altre presenze, altri testimoni, altri attori… (magnifici come Bale). Perché vi sia un paesaggio, occorre non soltanto che vi sia lo sguardo, ma una percezione cosciente, un giudizio e infine una descrizione…” . Il paesaggio è lo spazio descritto da Dillinger ai suoi uomini e alla sua donna. Questa descrizione può aspirare all’obiettività, o all’evocazione poetica, indiretta, metaforica. Mann immerge il cuore in un tenebroso luogo dell’anima; nella sua filmografia accenna sempre in primo piano alla circolarità terrosa di un foro, un buco, è l’accesso ad un’oscurità, un vuoto inquietante che è certamente evocazione di metafore. Poi ritrae oggetti quotidiani, in interni, un paesaggio della domesticità. Ma il paesaggio sembra una mistificazione, una costruzione a posteriori tra sfondo e soggetto.
La città fantasma sembra discendere da alcuni dipinti ottocenteschi: rievoca un dimensione storica smarrita per sempre e riconquistata dalla natura (il coyote è ancora in agguato). Anche le rovine, stranamente hanno sempre qualcosa di naturale. Come il cielo, sono una quintessenza del paesaggio: quello che offrono allo sguardo è infatti lo spettacolo del tempo nelle sue diverse profondità. La storia scompare nell'orizzonte, la ciclicità degli eventi appare l’unico segno del tempo, ma la cronaca di violente battaglie sorprendono e reinterpretano i tormenti di un'epoca intera, che dei propri abiti non sa più che farne. Il cinema di Mann in ogni caso mira al presente, lo rivela, fenditure del tempo, e ha il gusto di un Orizzonte perduto perchè, emblematicamente al di sotto dell’orizzonte, narra la caducità dell’esistenza di piccole cose, non viste, deragliate dal mondo, da cui trapela ferocia. Dillinger non è ancora morto, sono morte le piccole cose. Alla fine ti ritrovi con un paesaggio urbano volutamente capovolto, il volto a terra, appena trivellato, crea una cortina, un muro invalicabile che non permette la visione degli edifici e altera tutta la città, o meglio un piccolo incrocio della vita, visto dall'alto, che mai si sbroglierà. Dillinger è volato via ed è Mann che scende dal cielo e lo raccoglie: la sua città romanzesca dell'immaginario si fa finzione. Finzione nel senso di enigma, dato dalla contemporanea presenza di una solitudine inconcepibile e di una società impossibile. Vi è cioè la permanenza di una minaccia destinata a non realizzarsi mai completamente, la solitudine, e di un ideale che non si può mai concretizzare realmente, la società. Questa dimensione poetica e romanzesca è meravigliosamente espressa dal cinema di Mann.
I pedinamenti allora si fanno tracce in cui la città esiste tramite l'immaginario che da essa scaturisce e ad essa ritorna, quell'immaginario che essa alimenta e di cui si nutre, che da lei è generato e che le dà ancora una nuova esistenza.
Mann scende nella città-memoria, quella città in cui si inseriscono le tracce della grande storia collettiva, ma anche milioni di storie individuali. Mann dimora nella città-incontro, cioè la città in cui uomini e donne possono incontrarsi, ma anche la città che ci viene incontro, che si svela, che impariamo a conoscere come se fosse una persona. Mann si perde nella città-finzione, la città che minaccia di annullare le altre due, la città planetaria simile ad altre città planetarie. Una città, questa, fatta di immagini e di schermi in cui lo sguardo rischia di impazzire, come in un gioco infinito di specchi…
bellissimo questo film..lo consiglio di vederlo
Come si può scrivere un delirio simile?<br />Un film assolutamente inutile.
Mahler solo un incompetente non può ritenere questo film un capolavoro e michaal mann uno dei più grandi registi viventi.
questa recensione è gonfiata solo dalla retorica. Non approfondisce la struttura filmica ed elude qualsiasi informazione del linguaggio cinematografico. Fa apparire erroneamente questo film come un capolavoro
ma questo film è un CAPOLAVORO!