SPECIALE SANREMO 2013 – Che tempo che fa

sanremo 2013 toto cutugno
Il solitamente gogoliano Fazio e una strizzatissima Littizzetto dirottano il loro programma sul palco dell'Ariston, che per l'occasione sembra un teatrino off. Saranno diminuiti gli "abbonati in prima fila" ma questo Sanremo austero e radical chic di doppie (brutte) canzoni riesce nel tentativo di rivalutare le paillettes di Antonella Clerici e le gaffes di Gianni Morandi. Unico – sacrosanto – brivido nazional popolare Toto Cutugno che canta con il coro dell'Armata Rossa

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sanremo 2013 fazio littizzettoI presentatori: Sembra l'impiegato di un romanzo di Gogol Fabio Fazio, sempre un po' sconfitto dalla vita e sempre così in bilico tra l'essere timido e l'essere pavido, spalleggiato dalla sua "Lucianina", strizzata per l'occasione in corsetti e push up, come se anche lei dopo aver campato per mesi di rendita con le battute sull'ormai leggendaria farfallina beleniana, dovesse adeguarsi a stereotipi femminili che non le corrispondono.

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I due presentano ospiti sportivi che salgono sul palco senza una ragione, se non quella di dire quale delle due canzoni degli artisti in gara potrà accedere alla puntata successiva. E gli sventurati restano lì, inermi, con l'aria di chiedersi "ma perché?".

 

Scenografie: il palco dell'Ariston sembra vittima della prospettiva di certi film di fantascienza anni Settanta in cui il protagonista veniva rimpicciolito per far sembrare lo scenario gigantesco. Qui accade il contrario. Il teatro maestoso diventa un salottino di Ikea dai colori autunnali, stretto persino nell'inquadratura. Le file delle poltrone disposte a semicerchio danno l'impressione che a guardare Sanremo quest'anno siano circa 10 persone. Un teatrino off, un cineclub scalcinato. Massì, meglio pochi ma buoni, è una manifestazione culturale per élite non la solita baracconata cafona.

 

sanremo 2013 crozzaLe canzoni: eccole, loro. Quelle che dovrebbero essere il cuore del festival e che dopo una sola serata ti fanno desiderare un doppio by-pass.
Ci sono i cantautori chic (sempre per le élite di cui sopra) come Daniele Silvestri e Raphael Gualazzi e il gruppo rock Marta sui tubi, che stonano lo stonabile e sembrano a disagio; i classici "prodotti da festival" come Maria Nazionale a tenere alta la bandiera dell'Italia popolana e l'indimenticabile (il gruppo d'ascolto si interrogava insistentemente su chi fosse e cosa avesse mai cantato) Simona Molinari, unita per l'occasione a Peter Cincotti (per i più: quello di Goodbye Philadelphia).
Infine, tuffo al cuore per i due talenti di X Factor Marco Mengoni e Chiara Galiazzo che con la loro bellissima voce sprecata da melodie infime e testi dalla banalità sconcertante denunciano la carenza di autori degni di tale nome.

 

Resta ben poco quindi di questo Sanremo radical e austero, così come la crisi impone. Solo il Totone nazionale e in parte Maurizio Crozza (inizia il suo intervento e dici "Per fortuna c'è lui" e ti indigni per i fischi. Ma dopo 20 minuti stai rimpiangendo il Benigni che rincorreva la Carrà per alzarle le gonne).
E stamattina non ricordo nessuna canzone.

 

 

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