SPECIALE "THE MASTER" – L'Educazione Immaginaria
The Master è un moto perpetuo tra rimozione e ri-figurazione. L'icona lynchana Laura Dern chiede al Maestro il motivo del misterioso cambiamento nella formula iniziale della terapia: da “riesci a ricordare?” a “riesci a immaginare?”. La Causa. Primigenia educazione del “moderno” cittadino occidentale.
"I tuoi ricordi non sono invitati" – Lancaster Dodd
Che cosa guardano gli occhi in dettaglio di Joaquin Phoenix nella prima inquadratura di The Master? Ha un elmetto in testa, forse è in trincea, guarda a destra e poi a sinistra, chiude gli occhi. Nessun controcampo, solo una dissolvenza. L’ultimo film di Paul Thomas Anderson parte dall’immediato dopo-guerra e si inoltra negli anni ’50: epoca della seconda Nascita di una Nazione dopo la crisi del ’29 e gli orrori del conflitto, dopo la morte del Padre Roosevelt e la vittoria di quella immagine che Clint ha magnificamente configurato con Flags Of Our Fathers. La guerra non esiste più…si è fatta etereo campo di percezione, dove sangue e morte vengono rimossi e avvolti (come la bare dei reduci) in una bandiera a stelle e strisce. Dove avocare il regime dello sguardo, imporre il proprio sguardo al mondo segna la supremazia: è finito il decennio del nero e dei noir, è iniziato quello del colore pastello e del melodramma.
Cosa viene partorito in quegli anni? Nascono gli Happy Days come ce li ricorderemo negli anni ‘80, si forgia il simulacro da esportazione di un modello (d’)immaginario: l’american way of life che ci ha “colonizzato l’inconscio” come direbbe Wim Wenders. L’epoca che nelle sue pieghe perturbanti avrebbe prodotto il new dada e le Flags materiche di Jasper Jones, la letteratura beat di Kerouac e quella intimista di Salinger, i virus hollywoodiani di Sam Fuller e Nicholas Ray. Un magma ribollente appena dietro quell’immagine programmata. E allora, torniamo al quesito: cosa guarda Joaquin Phoenix? Forse non vuole più guardare l’orrore indicibile e irrappresentabile della seconda guerra mondiale (il punto di non ritorno dell'arte per Adorno, l’approdo a una no man’s land filosofica). Chiude gli occhi Freddie Quell…perché sa che reagire a ogni Trauma significa rifugiarsi in un’immagine: diviene fotografo di ritratti, guarda caso. Ed è nel 1950 che appare il suo Maestro: creatore di “culto” che attraverso la parola vuole erigere un intero mondo nuovo su fragilissime fondamenta di argilla. Lì dietro, appena pochi centimetri oltre i mastodontici primi piani di Philip Seymour Hoffman si nasconde la spaventosa banalità di un cieco integralismo etico che vuole educare una nazione con la potenza devastante del vuoto pre-concetto. La Causa. Paul Thomas Anderson crea un film/matrice esattamente speculare a Il Petroliere: se in quel caso il lato oscuro del Mito viene rifigurato con una furia iconoclasta stordente, qui si lavora per astrazione despettacolarizzante. Si allude a tutto il sangue del mondo, ma lo si manterrà sempre fuori campo: there (not) will be blood.