Spider-Man: Homecoming, di Jon Watts
La gentrificazione del ragno salva il nuovo Spidey dal rischio di diventare una sorta di Iron Boy addestrato da Stark alla maturità e attrezzato di tuta hi-tech. Ma non c’è meraviglia né sentimento.
Gentrificazione del ragno. Sotto ogni livello, l’avventura del nuovo Spidey è periferica in confronto alla trama centrale e centralizzata della parabola degli Avengers: la Stark Tower si staglia infatti tra i grattacieli di Manhattan, mentre il molto amichevole Spider-man di quartiere veglia sul Queens, discute coi delinquenti su quale sia il deli che fa i panini migliori, la sua prima cotta Liz è afroamericana ma è chiaro a tutti che le vere scintille arriveranno con la MJ cazzuta (Jon Watts dice ispirata alla Linda Cardellini di Freaks and Geeks!) della popstar multikulti Zendaya. L’impresa eroica raccontata dal film è talmente accessoria (di fatto, salvare l’aereo con cui gli Avengers stanno traslocando le loro cose nella nuova sede) che ricorda quelle sperticate continuity ricostruite da Marco Marcello Lupoi in apertura degli albi Star Comics (“questa storia si svolge nell’intervallo di tempo tra la vignetta 6 e la vignetta 7 di Civil War”…), ma l’Avvoltoio working class di Michael Keaton, deciso a vendicarsi delle Stark Industries che gli hanno fatto fallire l’impresa di stoccaggio rifiuti alieni, è un altro deciso tocco operaista al mood del film.
Jon Clown Watts non può essere del tutto inconsapevole della faccenda, se poi infila la rinnovata icona alternativa di James Baldwin tra i volti sul muro della classe di Peter Parker in punizione, e imbastisce la sequenza action migliore di tutti i 133′ nella tromba dell’ascensore che porta in cima al obelisco di Washington, notoriamente “costruito da schiavi”, come ci ricorda con puntualità proprio la corrucciata MJ.
Sono questi aspetti a salvare in generale il disegno di questo nuovo Spider-Man dal rischio di diventare una sorta di Iron Boy, addestrato da Stark alla maturità supereroistica e attrezzato di costume hi-tech dalle funzionalità sostanzialmente replicate dalla tuta di Tony: anche la resa dei conti finale avviene in prossimità del parco di Coney Island, che è sì caratteristico ma da tempo non più il più strepitoso luna park del mondo, insomma – ancora a sottolineare la natura “raccolta”, giudiziosa dell’esperimento dell’homecoming. Ad altezza della strada, quasi a lanciare un gancio con le traiettorie seriali Marvel.
Liberando la figura del ragazzo ragno dai crucci morali delle “grandi responsabilità” e dello spettro di zio Ben, e lisciando purtroppo l’intero bagaglio sentimentale degli amori teen di Peter, qui fin troppo evanescente e puramente strumentale per poter emozionare (non basta citare di nuovo esplcitamente John Hughes…), il film si alleggerisce talmente tanto da non interessarsi nemmeno per un istante al dispositivo della meraviglia: da Sam Raimi a Marc Webb a Jon Watts questo cinema perde progressivamente lo stupore del riuscire incredibilmente a volare, a fluttuare sui cieli di New York, ad arrampicarsi e ad appendersi dalle vette.
L’effetto speciale è oramai dato totalmente per assodato, sembra aver perso la sua funzione di pura sospensione visiva per farsi sfondo necessario ma pacifico della narrazione e dell’ostinata ricerca della verosimiglianza su cui si muovono questi lavori (perché stupirsi ancora dei superpoteri di Spidey, soprattutto adesso che ha anche la tuta potenziata di Stark addosso?). Un approccio che colpisce, seppur in maniera minore, anche il quinto Transformers di Bay, per dire (mentre invece i Guardiani sembrano in quest’ottica sempre di più la valvola di sfogo benedetta che i Marvel Studios sfruttano per liberare tutta la tendenza lisergica e centrifugata che queste storie hanno sempre in potenziale, ma altrove destinata a rimanere contratta).
Per restituire il primo piano all’intervento speciale sull’immagine dobbiamo allora sempre più rivolgerci alle pratiche spurie come la nuova rivoluzione lynchiana in atto a Twin Peaks (vi ricordate di quando si vociferava che Lynch avrebbe diretto un Jurassic Park?), o come Michel Gondry che mostra a tutti i trucchi di come girare con l’iPhone: quel triciclo gigante che si staglia ad un certo punto davanti allo sguardo binoculare di un personaggio del detour di Gondry è una magia fatta in casa ma incommensurabilmente più potente di tutte le apparizioni di Homecoming, comprese quelle più maestose. Il cinema spettacolare ha perso lo spettacolo (distruggere Coney Island…), ma la fuoriuscita sensoriale resiste allora paradossalmente nella bassa frequenza.
Titolo originale: id.
Regia: Jon Watts
Interpreti: Tom Holland, Marisa Tomei, Robert Downey jr., Donald Glover, Jon Favreau, Zendaya, Martin Starr, Michael Keaton, Gwyneth Paltrow, Garcelle Beauvais, Logan Marshall-Green, Angourie Rice, Stan Lee, Hannibal Buress, Tony Revolori, Bokeem Woodbine
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 133′
Origine: USA, 2017