Spider-Man: No Way Home, di Jon Watts
Pacifica il complicato multiverso hollywoodiano di Spider-Man e mette d’accordo le sue diverse generazioni di fan con la prima riflessione metacinematografica sul MCU.
Homecoming (2017) aveva subito sollevato lo spettatore dallo strazio di doversi sorbire per la terza volta la storia delle origini di Spider-Man. Il ragno radioattivo alla mostra di scienze è un mito tanto acquisito nella memoria collettiva che non c’era bisogno di raccontarlo di nuovo. La nuova versione dell’eroe sotto l’egida del MCU si era presentata fatta e finita ma non aveva ancora fugato un dubbio incombente. Possibile che Kevin Feige avesse tagliato fuori dalla rinnovata continuity anche un’altra tappa fondamentale della sua formazione? Peter Parker si riferisce spesso al fatidico morso dell’aracnide ma non parla mai della morte dello zio Ben. La lezione morale che sta dietro a tutte le sue azioni si rintraccia senza difficoltà nel suo comportamento. Nonostante questo, nessuno aveva ancora specificato chi gliela avesse impartita. Possibile che in due film da protagonista e in tre da comprimario non avesse detto nemmeno una volta che da un grande potere derivano grandi responsabilità?
Eppure, Into the Spider-Verse (2018) aveva dimostrato che il trauma di quella perdita e il suo conseguente senso di colpa erano il denominatore comune di tutti gli arrampicamuri del multiverso. Si è speculato tanto sul ricco campionario di sorprese che i numerosi trailer hanno anticipato. La lista dei regali è addirittura più lunga e il film si diverte a superare le grandi aspettative dello spettatore. Tuttavia, la sceneggiatura di Erik Sommers e di Chris McKenna punta soprattutto a definire finalmente l’evento fondativo della coscienza dell’eroe. Il pubblico ha persino assistito al suo incenerimento dopo lo snap di Thanos senza sapere nulla di questa scena madre. La scelta di procrastinare a lungo questo momento è stata ampiamente ripagata dal forte impatto emotivo che finalmente travolge No Way Home. Un coinvolgimento che va ben oltre l’effetto nostalgico di rivedere molti vecchi amici sullo schermo.
La popolarità pregressa del personaggio più iconico della Marvel gli ha fatto guadagnare una certa indulgenza. Le sue sembianze cinematografiche meno riuscite si sono comunque salvate grazie alla sua grande empatia. La sua longevità lo ha costretto ad assumere forme più o meno gradite per adeguarsi al ricambio generazionale. Sam Raimi era evidentemente un fan della golden age di Stan Lee e di John Romita. Forse, fu per questo che il tentativo di ibridare il suo franchise con personaggi più contemporanei non fu un grande successo. La seconda versione con Andrew Garfield era rimasta in mezzo al guado senza sintonizzarsi su nessuna fascia d’età particolare. Solo Kevin Feige era riuscito a far accettare ai boomers la versione ormai molto diversa che piace ai millennials. Tuttavia, la questione su quale fosse la trilogia migliore e la più fedele non era mai stata chiarita del tutto.
Probabilmente, non è mai successo che un film offrisse sul campo la risposta ad un dibattito che ricorre ciclicamente ad ogni comicon. No Way Home ha il merito indiscutibile di emettere un verdetto che sposa in pieno l’etica del personaggio. Il copione si preoccupa di riparare gli errori del passato e di arricchire il futuro con la loro esperienza. Sembra quasi che gli sceneggiatori vogliano tributare la grande occasione mancata di Spider-Man 3 (2007) e rendergli giustizia. Il MCU ha imparato a maneggiare dei crossover con decine e decine di prime donne contemporaneamente in scena. Tuttavia, non usa questo potere per ridicolizzare un film che non era riuscito a gestire nemmeno tre linee narrative sovrapposte. Anzi, riconosce che la sua insistenza sul concetto del perdono rappresentava la summa epica dell’eroe. Peter Parker è andato nello spazio a combattere Thanos per salvare l’universo. Eppure, non sa ancora fare i conti con il suo potere e ha bisogno dei consigli di chi ci è già passato.
No Way Home non è solo un vorticoso blockbuster ben confezionato, divertente, ricco di emozioni e di colpi di scena. Ormai, è uno standard che tutto il pubblico dà per scontato ed è sempre più difficile da migliorare. Il film è anche la prima grande riflessione metacinematografica sul genere che ha egemonizzato la produzione americana degli ultimi venti anni. Si potrebbe obbiettare che i ritorni dei grandi villain, le affettuose citazioni di storie e di situazioni del passato siano troppo autoreferenziali. In questo caso, attingono ad un universo narrativo estraneo persino a quello già complicato del MCU. La risposta di Kevin Feige a questa prevedibile contestazione è disarmante ed intrinseca. A questo punto, bisognerebbe davvero venire da un altro universo per non sapere di cosa si sta parlando.
Titolo originale: Spider-Man: No Way Home
Regia: Jon Watts
Interpreti: Tom Holland, Zendaya, Marisa Tomei, Benedict Cumberbatch, Jacob Batalon, J. K. Simmons
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 148’
Origine: USA, 2021