"Stai con me", di Livia GiaMpalmo
Sulla scia di "Evelina e i suoi figli" (la sua opera prima, datata 1990), la regista infatti in "Stai con me" sembra riprendere la frontalità di un cinema stereotipato, già visto, datato se vogliamo, eppure convincente e assolutamente onesto nella sua flagranza semplice e piana
Se il cinema di Livia Giampalmo ha un pregio sicuro, questo è sicuramente quello dell'immediatezza, della sincerità. Sulla scia di Evelina e i suoi figli (la sua opera prima, datata 1990), la regista infatti in Stai con me sembra riprendere la frontalità di un cinema stereotipato, già visto, datato se vogliamo, eppure convincente e assolutamente onesto nella sua flagranza semplice e piana. Basterebbero in questo senso già le prime sequenze dell'opera (i protagonisti sul mare, accarezzati da una musica quasi anni '60, perfettamente in tono con la caratura del racconto) a dare l'idea di una visione che non coltiva nessuna ambizione, per praticare invece un cinema quasi casuale, persino approssimato, ma tanto più in grado di imporsi con un'efficacia forte e persuasiva. In Stai con me, realizzato nel 2001, la regista continua a narrare della famiglia, dei suoi punti di rottura, della crisi causata dalla presenza di un padre di famiglia che non disdegna qualche scappatella, raccontando sempre l'epidermide dei rapporti, con una sensibilità acuta nel cogliere il disfacimento di un quadro di famiglia vissuto sulla pelle della protagonista (la Mezzogiorno) e sugli sguardi dei due figli gemelli. Quello che più conta comunque nell'opera è proprio un senso sottile di sfasamento temporale, il rinvio continuato ad un cinema che non risiede nel presente (l'ondata di Muccino e dei suoi cloni sembra in questo frangente lontana), ma nella sospensione di sequenze apparentemente abbozzate, ben lontane dunque da una qualsivoglia ombra di programmaticità, più vicine semmai ad un'adesione emozionale che esce fuori con evidenza ad esempio nel momento in cui marito e moglie si confrontano vicino al mare di Ostia. Sono questi momenti, queste atmosfere a retrodatare l'opera della GiaMpalmo (peraltro bravissima doppiatrice di Diane Keaton e Jane Fonda, tra le altre), immergendola nella istintualità di uno sguardo molto vicino a quello di certi nostri registi degli anni Ottanta, con una spiccato gusto insomma nel produrre un cinema povero, ma non arido, rarefatto e al tempo stesso avvolgente.
Regia: Livia Giampalmo
Sceneggiatura: Livia Giampalmo
Fotografia: Franco Lecca
Montaggio: Carla Merli
Musiche: Paolo Vivaldi
Scenografia: Emita Frigato
Costumi: Elisabetta Antico
Interpreti: Adriano Giannini (Vanni), Vittoria Mezzogiorno (Chiara), Yari Gigliucci (Massimo), Marta Mondelli (Margherita), Claudio Gioè (Rodolfo), Paolo Briguglia (Don Marco), Francesca Antonelli (Irene), Emanuele Cracolici (Emanuele), Daniele Masilio (Daniele)
Produzione: Filippo Ascione per Filand
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 90'
Origine: Italia, 2001