State a casa, di Roan Johnson

Potrebbe essere la versione black di Fino a qui tutto bene ma l’energia del regista si vede solo a sprazzi. Il film gira spesso a vuoto e si porta dietro il peso delle caricature grottesche.

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“Questa è la storia di un virus”. Comincia come una fiaba nera e si sposta nelle zone dell’horror il quarto lungometraggio di Roan Johnson. Nicola, Paolo, Benedetta e Sabra, quattro ragazzi sotto i 30 anni, vivono sotto lo stesso tetto. Sono squattrinati e sottomessi al loro padrone di casa. Escogitano così un piano per fare soldi facili a sue spese ma la situazione gli sfugge di mano.

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Il cinema italiano ai tempi del lockdown. Da Vanzina di Lockdown all’italiana al recente film di Vicari Il giorno e la notte, il Covid ha forzatamente riportato a galla quella teatralità che andava di moda tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, come Piccoli equivoci o Italia-Germania 4-3. State a casa, per necessità, punta su dialoghi scoppiettanti e nervosi, situazioni sull’orlo del precipizio dove l’illusione del grande colpo dura il tempo di una festa e sul corpo-marionetta di Tommaso Ragno (la cosa migliore), provvisoria riproduzione di Bernie di Weekend con il morto.

Al tempo stesso State a casa è la versione black del secondo film, quello più riuscito, del cineasta toscano, Fino a qui tutto bene. Anche qui c’è il terrazzo e la casa. All’aperto, all’inizio del film Nicola grida: “O merde, voglio uscire, bastardi”. L’urlo di rivolta generazionale e di classe anticipa quello che accade contro il proprietario dell’appartamento dei ragazzi. Rispetto all’altro film i protagonisti sono quattro invece che cinque. Sono stesi a terra. I sogni verso il futuro sono sostituiti dalla disillusione. La truffa è l’unico modo per sopravvivere. Il salto nel vuoto somiglia a quello dell’attraente e sottovalutato Piuma. Solo che dalla gravidanza inattesa si passa all’omicidio. L’energia del cinema di Roan Johnson si vede a tratti, soprattutto nella scena dell’illusoria felicità sottolineata dalle note di Rolls Royce, una spinta improvvisa alla Danny Boyle di Trainspotting dove grazie alla canzone State a casa stordisce con un gioco di luci e musica. Si tratta però solo di un momento istantaneo di un film che purtroppo gira spesso a vuoto, che si porta appresso il peso delle sue caricature grottesche (il personaggio di Nicola interpretato da Lorenzo Frediani e il portiere del palazzo versione horror di Fabio Traversa), e che isola la figura più interessante, quella di Benedetta, un mix di sessualità, paura e morte grazie alla bravura di Giordana Facciano, facendola ballare da sola. L’ombra di Bertolucci non è casuale. La casa è dark come la cantina di Io e te. Il tempo stavolta è indefinito. Le mutazioni come conseguenza della colpa in/visibile sono un tema che ha frequentemente il genere horror. Le visioni invece sono la materializzazione dei propri demoni. State a casa risolve entrambe però sbrigativamente e in maniera che appare grossolana. Le strade deserte e la convivenza forzata avevano contaminato anche I delitti del BarLume. E nel buio totale vanno soprattutto in tilt la scena con il rider e la figura di Sabra che racconta di aver dormito in barca con un morto. Il suo sfruttamento (anche da parte degli altri tre) passa in secondo piano. La rivolta contro il padrone resta un esercizio di stile in piano-sequenza.

 

Regia: Roan Johnson
Interpreti: Dario Aita, Giordana Facciano, Lorenzo Frediani, Martina Sammarco, Tommaso Ragno, Fabio Traversa, Natalia Lungu, Leonardo Maddalena
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 111′
Origine: Italia, 2021

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.3 (20 voti)
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