Stonewalling, di Huang Ji

Più riuscito nella messa a fuoco dell’ambizione della ricchezza, mentre il tentativo di superare l’aspetto tematico appare disomogeneo. Giornate degli Autori

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Lo stonewalling è il rifiuto o l’impossibilità di comunicare, per mancanza di parole e la totale mancanza di interesse, di osservare qualcosa oltre il proprio ombelico. La storia di Lynn è emblematica. Iscritta in un corso per diventare assistente di volo, è costretta a rinunciare dopo la scoperta di essere in attesa di un bambino. Vista le perplessità del suo ragazzo, poco più che ventenne anche lui, decide di tornare a casa dei genitori, che gestiscono una clinica di medicina tradizionale.

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Ripreso interamente con delle inquadrature statiche, il film segue passo passo i nove mesi della gravidanza, inserita dentro l’osservazione di una società distratta, ossessionata dal denaro e priva di ogni altro valore. I personaggi sullo schermo si muovono come fossero monadi, collimano e collidono, eppure mai una scintilla è utile per appiccare un vero incendio. Predomina un’estetica edonistica consumista, tra i ricorsi ai social media e la vendita di prodotti di bellezza e cura del corpo, mentre l’anima resta assente, dimenticata. A scuotere dal torpore non basta neanche la possibilità di doversi staccare dal proprio figlio, per far fronte ad un debito, dopo aver rinunciato di abortire per un ultimo scrupolo di natura etica.

La riflessione teorica su un mondo condannato a replicare gli aspetti più biechi dell’eredità occidentale, cioè l’ambizione ed il raggiungimento della ricchezza, è la parte meglio riuscita. Al contrario, il tentativo di superare l’aspetto tematico, ad esempio inserendo lo spartito all’interno di un contesto storico attraverso la pandemia, resta un tentativo disomogeneo, che nulla aggiunge ad un destino segnato a prescindere. Il malessere, la rassegnazione, l’egoismo, sono il risultato di un obiettivo che non smette mai di brillare, ma che all’interno è vuoto. Un comportamento meccanico, alienato, dal quale Lynn sente di recedere, almeno per rispetto del proprio stato. L’arco dei personaggi è volutamente quasi piatto, il loro comportamento segue piuttosto uno schema di azione reazione istantaneo, tagliando spazio alla volontà, ridotta ad obbedire a stimoli ingovernabili. Stimoli da assorbire in maniera passiva, quasi agissero spinti dal pilota automatico, eppure questa plausibilità a volte sembra davvero eccessiva. Un più spinto tentativo di ricerca c’è invece nella parte visiva, tanto da perdersi nella paura di abbandonarsi, a sporcare quell’immobilità che alla fine può diventare una prigione. Dentro questi limiti, il film mostra una sincerità ed un desiderio di cercare ancora nel linguaggio cinematografico qualcosa di vicino allo stupore. Per Huang Ji, regista di Pechino, Stonewalling è il secondo lungomentraggio di finzione, e  la partecipazione alla sezione Giornate degli autori di Venezia va aggiungersi a quelle di Rotterdam nel 2012 e di Berlino nel 2017.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
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Il voto dei lettori
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