"Storia di Marie e Julien", di Jacques Rivette

Brandelli e tracce della memoria o di una vita parallela. È una premonizione il cinema di Rivette che sgorga come sorgente più nitida e naturale della percezione sensoriale. Composizione in profondità, dilatando i tagli, fino a (con)fondere lacrime e sangue, risultato e processo filmico.

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C'è un gatto che si aggira sempre sui set di Rivette. Questa volta appare indifferente e sempre più spesso in campo. L'autore affida con sapienza, gli effetti narrativi agli spostamenti dell'animale all'interno dell'inquadratura. Il gatto (com)media tra due forme esistenziali: quella sospesa tra fallimenti e pulsioni distruttive di Julien e quella in sospensione tra la vita e la morte di Marie. Marie non è un fantasma, è una presenza sopravvivente di "mizoguciano" richiamo. Vaga perchè una "revenent", una suicida che ha fatto ricadere la responsabilità della sua morte sul convivente; ora è condannata a ritornare nel mondo da cui è scappata, sperando che qualcuno possa amarla profondamente per poter morire una seconda volta e definitivamente. Il gatto s'insinua negli ingranaggi dei grossi orologi di Julien e si fa oggetto-soggetto da cui recuperare l'armonia dei pezzi da ricomporre. Il pendolo batte i secondi che si perdono nello spazio e disorientano l'udito e la vista: l'aderenza logica è impercettibilmente sfasata e per riconoscerla non restano che i contrasti formali, come la luce, i rumori, le essenze. Rivette è un sensitivo, contrappone alla menomazione del racconto lineare, la dilatazione dei sensi all'infinito senza alcuna costrizione temporale. Brandelli e tracce della memoria o di una vita parallela. È una premonizione questo cinema che sgorga come sorgente più nitida e naturale della percezione sensoriale. Composizione in profondità, dilatando i tagli, fino a (con)fondere lacrime e sangue, risultato e processo filmico. Il ritorno di Rivette è soprannaturale, il suo sguardo a spirale non si poggia mai precisamente sulla stessa cosa, ma mai completamente su una nuova. Conservare e modificare ininterrottamente. Il déja vu non si avvita su se stesso ma si torce, si ripiega e si sospende con la promessa di un nuovo inizio. Esprimersi attraverso i generi senza effetti ma in piani sequenza che conducono in piste sotterranee, architetture occulte, portatrici di malefici o di promesse che la corporeità rimette in moto per un paradossale miracolo divino: è frattura tra il presente irrisolto e la profonda coscienza di sé e dell'altro.             

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Titolo originale: Histoire de Marie et Julien


Regia: Jacques Rivette


Sceneggiatura: Pascal Bonitzer, Christine Laurent, Jacques Rivette


Fotografia: William Lubtchansky


Montaggio: Nicole Lubtchansky


Scenografia: Manu De Chauvingny


Costumi: Laurence Struz


Interpreti: Emmanuelle Beart (Marie), Jerzy Radziwilowicz (Julien), Anne Brochet (Madame X), Bettina Kee (Adrienne), Olivier Cruveiller (L'editore), Mathias Jung (Il portiere), Nicole Garcia (L'amica)


Produzione: Arte France Cinema, VM Productions, FMB 2 Films, Cinema Undici


Distribuzione: Mikado


Durata: 150'


Origine: Francia, 2003


 

 

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