Strade di fuoco, di Walter Hill

Ti travolge come un’onda gigantesca. Favola rock, musica, action. In anticipo su MTV con un’estetica fondativa degli anni ’80. Uno dei film della mia vita. Stasera, ore 21.15, Premium Energy

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Novembre 1984. Avevo 15 anni e durante l’estate avevo conosciuto in Francia a La Ciotat, Elisa, una mia coetanea di Milano. Ci eravamo messi insieme. Per modo di dire ovviamente, soprattutto a quell’età. Tre settimane di vacanza-studio (ero stato rimandato in francese) in cui stai con lei. Molta vacanza. Poco studio. Poi, quando finisce, torni a casa, ti separi e pensi solo a lei. All’epoca non c’erano i telefonini. e neanche le mail. Ci si scriveva per lettera. Ce ne mandavamo diverse. E non vedevamo l’ora di rivedersi. Oppure si provava a chiamare a casa ma riattaccavi appena sentivi la voce del padre che rispondeva.

Finalmente a novembre arrivo a Milano. Vado a dormire dai miei zii che allora abitavano lì. Ci vediamo con Elisa dopo oltre tre mesi. a Piazza San Babila. Non ci sembrava vero che potevamo riabbracciarsi. Andiamo in un bar vicino al Duomo. Ma faceva freddo. e a casa sua c’erano i suoi genitori che, ovviamente, non sapevano niente. Decidiamo di entrare dentro un cinema. Un film a caso. Ma non per vederlo, ma per pomiciare per quasi due ore in santa pace. Il film era Streets of Fire. Iniziano i titoli di testa. Iniziamo a baciarci. Ogni tanto sbircio distrattamente sullo schermo. Elisa no. Poi inizio a vedere Diane Lane. E mi distracco un po’ di più. Poi inizio a sentire la musica e mi distraggo ‘da Elisa’, sempre di più. Dalla scena del rapimento, resto estasiato. Da qualcosa di nuovo

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strade di fuoco willem dafoeche non avevo mai visto allora e che mi stava catturando. Dico ad Elisa: “Guarda che è bello, vediamoci il film, poi continuamo a baciarci dopo”. L’amore con Elisa è finito quel giorno stesso. L’amore per il cinema di Walter Hill è nato quel giorno stesso.

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Dancing in the Dark. Streets of Fire è il film che Walter Hill aveva sempre sognato. Scritto, marchiato, vissuto, assieme a Larry Gross. Tanto è vero che questo doveva essere in origine il titolo di I guerrieri della notte. E da quel grandissimo film il cineasta riprende le precisissime geometrie negli spazi, ma anche con stacchi di montaggio che sembrano dettati dalla colonna sonora di Ry Cooder e dei numerosi brani della colonna sonora. Come sottolinea Mauro Gervasini, nel suo libro su Walter Hill edito da Falsopiano “il rock’n roll e il pop danno il ritmo interno alle sequenze, ne sono l’anima”.

Durante un concerto, strade di fuocouna gang di motociclisti, i Bomber, rapisce una rockstar. Per salvarla viene chiamato il suo ex-ragazzo Tom Cody che è assoldato dal suo manager e attuale fidanzato per salvarla.

“Another Time, Another Place”. Dalla didascalia dopo il titolo c’è già quella distanza da un’ambientazione temporale che sembra segnare molto cinema di Walter Hill. Una favola rock, certo, che poteva riprendere West Side Story, passare per i polizieschi urbani di Don Siegel e anticipare lo stile MTV (Hill gira infatti i film nel 1984 mentre l’emittente sbarca negli Usa l’estate successiva) e quella che sarà parte dell’estetica del cinema di Tony Scott e soprattutto Michael Bay. Non ci sono solo le forme di un nuovo musical, che con il cinema di Adrian Lyne (e, specificatamente Flashdance), ha contribuito a rivoluzionare l’estetica visiva in quel decennio e da quel momento comunque un certo cinema è cambiato.

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Ci sono però anche dentro le forme di un purissimo western metropolitano, immerso nell’oscurità della notte da cui però la magia della fotografia di Andrew Laszlo (al terzo film con il regista dopo I guerrieri della notte e I guerrieri della palude silenziosa) lascia emergere improvvisi fasci di luce. Anche con i residui di noir, con il riflesso dei colori e il fumo sull’asfalto bagnato, o nella scena del concerto con i pianisti al piano sommersi da un cono bianco che ritornerà quattro anni più tardi nello stratosferico Bird di Clint Eastwood. Che spogliano tutto il set, lo isolano, rendono ancora più clastrofobica la città, lo trasformano in un perenne teatro on the air come nel duello finale o la strepitosa scena del rapimento di Diane Lane mentre si sta esibendo con Nowhere Fast.

strade di fuoco michael paré diane laneCi sono già i germi fondativi dell’action che verrà. Che si contamina anche con le linee grafiche del fumetto. E il marchio dei produttori Joel Silver e Lawrence Gordon che si porteranno, per esempio nei successivi Predator (1987) e Die Hard (1988). Con la muscolarità di Michael Paré, la faccia da brutto ceffo di Willem Dafoe e la sua banda. Ma anche lo stesso Hill in Danko (1988). Al tempo stesso però Streets of Fire è – come definito dallo stesso cineasta – un film sperimentale, di una libertà creativa assoluta. Oggi sarebbe impossibile rifarlo ad Hollywood. Eppure quando uscì, andò male. Costato  14 milioni e mezzo di dollari, ne incassò 5.600.000 tanto è vero che venne smontato dopo circa tre settimane. Il destino tipico di un cinema fondativo, quello che è troppo in anticipo sui tempi. Oggi non si può capire il cinema degli anni ’80 senza Streets of Fire. E anche il cinema di Walter Hill. Perché questo film ne segna un passaggio fondamentale. E ancora quando lo vedi, ti travolge come un’onda gigantesca. Uno dei ‘film della mia vita’.

Titolo originale: Streets of Fire

Regia: Walter Hill

Interpreti: Michael Paré, Diane Lane, Willem Dafoe, Rick Moranis, Bill Paxton, Amy Madigan

Durata: 90′

Origine: Usa 1984

Genere: musical/azione

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