Sui marciapiedi, di Otto Preminger
Rivisto oggi Sui Marciapiedi ci appare un film di una “modernità” sconvolgente, un film profetico sui destini del genere, insomma uno dei capolavori assoluti della grande Hollywood
C’è ancora spazio per la speranza sui marciapiedi di New York? Cinque anni prima l’uscita di Un bacio e una pistola (il capolavoro di Robert Aldrich che chiude la stagione del noir classico aprendo a tutti i turbamenti autoriflessivi del futuro neo-noir), questo stupendo film di Otto Preminger ne anticipa già molte soluzioni stilistiche e tematiche. Un noir cupissimo e notturno, che fa piombare il detective Dana Andrews e la sua donna-dei-sogni Gene Tierney dalla Vertigine di Manhattan ai sobborghi della periferia, tra bische clandestine e piccoli bar, scagnozzi spietati e vendette incrociate. Dixon è un poliziotto dall’istinto violento e dagli scatti d’ira incontrollabili: la sua carriera ne risente, il suo collega Thomas (Karl Malden) verrà promosso al suo posto. Ma chi è Dixon? È il figlio del vecchio capo di una banda criminale che ora fa il poliziotto proprio perché ha desiderato tutta la vita “non essere come suo padre“, insomma per smarcarsi dall’ossessione di essere solo “the Dixon kid“. Ma la spirale metropolitana della violenza lo inghiotte nuovamente: l’accidentale morte di un sospetto assassino (un eroe di guerra, però, la seconda guerra mondiale torna ancora nel 1950 come spartiacque del cinema classico americano) lo costringe a nascondere le prove della sua colpevolezza per indirizzarle (da novello Quinlan) verso un crimanale che da sempre vuole mettere in galera.
Un noir che unisce l’asciuttezza di scrittura tipica di Ben Hecht (sceneggiatore di Scarface di Hawks e di Notorius di Hitchcock, un genio dell’economia narrativa) all’incredibile forza delle immagini singole di Otto Preminger (l’occultamento del cadavere nel bagagliaio di un’auto con un treno in corsa che fende l’inquadratura in profondità di campo). Dixon è braccato dai rumori della città, dalle strade che sembrano un inferno ribollente (se ne ricorderà Scorsese per Taxi Driver) e da un’ambiguità morale che toglie il fiato. Rispetto a Vertigine Preminger asciuga del tutto i sogni e i flashback, lasciando solo la corteccia dura e ineluttabile del noir, scalfita solo da un esile speranza di redenzione affidata ai primi piani di Gene Tierney. Insomma tra colpa e perdono, violenza e candore, abiezione e desiderio, questo è un film che riesce magnificamente a fondere ogni emozione universale ai marciapiedi ruvidi della city. Ecco il punto allora: rivisto oggi Sui Marciapiedi ci appare un film di una “modernità” sconvolgente, uno dei capolavori assoluti della grande Hollywood.
Titolo originale: Where the Sidewalk Ends
Regia: Otto Preminger
Interpreti: Dana Andrews, Gene Tierney, Karl Malden, Gary Merrill, Bert Freed
Distribuzione: Lab 80
Durata: 95′
Origine: Usa, 1950