Sunset Boulevard. È morto Garry Marshall

Scoompare ieri a 81 anni uno dei nostri cineasti preferiti che ha sempre avuto un posto particolare nella nostra ‘politica degli autori’. Il suo cinema ci mancherà terribilmente

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Un viale del tramonto. Non solo di Garry Marshall ma di quella commedia romantica che il suo cinema ha incarnato al meglio almeno negli ultimi 30 anni. La morte del grande regista statunitense ci colpisce al cuore come quella di Michael Cimino e Abbas Kiarostami. Perché, come nel caso di questi altri due, ha sempre avuto un posto riservato nella politica degli autori di Sentieri Selvaggi.

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Abbiamo fatto in tempo a fare uno speciale su Garry Marshall in occasione dell’uscita di Mother’s Day neanche un mese fa. Era da tempo che volevamo dedicargli un focus già ai tempi di Quando meno te lo aspetti e, più tardi, con Appuntamento con l’amore o Capodanno a New York ma poi, per diverse ragioni, non c’eravamo mai riusciti. E, alla luce della sua scomparsa, Mother’s Day ci appare davvero come un film definitivo, quasi una specie di testamento non solo del suo cinema ma proprio di un certo tipo di cinema.

garry marshall e hilary swank sul set di Capodanno a New YorkScomparso ieri a 81 anni in seguito a una polmonite contratta dopo un ricovero dovuto a un ictus, il suo cinema ci mancherà terribilmente. Quando usciva un suo nuovo film era tra i cineasti più attesi. Per ricordarlo, vi riproponiamo il nostro recente profilo e poi più tardi, in un altro articolo, una gallery con 5 nostre sequenze del cuore. Sunset Boulevard.

garry marshall sul set di SpiaggeLo abbiamo più volte sottolineato nelle recensioni soprattutto dei suoi ultimi film. Garry Marshall sembra essere un cineasta così magnificamente e consapevolmente superato che resta tra i pochissimi residui di una Hollywood classica e nostalgica. E’ uno di quei produttori/cineasti alla Stanley Kramer, robusti e invisibili, esecutori minuziosi di uno script ma all’improvviso anche sognatori. Come se dentro la ferra sceneggiatura ci fosse qualcosa che all’improvviso va da qualche parte. Ed è soprattutto un grande regista di attrici. Non il “regista delle donne” alla George Cukor, ma poco ci manca. Da lui sono passate più generazioni del cinema statunitense. Per questo sembra arrivare come un jumbo dalla Hollywood anni ’30 e ’40: Julia Roberts (con cui ha girato quattro film, dallo strepitoso Pretty Woman a Se scappi, ti sposo, da Appuntamento con l’amore fino all’ultimo Mother’s Day), Goldie Hawn, Michelle Pfeiffer, Jennifer Aniston, Kate Hudson, Helen Mirren ,Diane Keaton Bette Midler, Barbara Hersey, Jessica Alba, Jessica Biel, Jennifer Garner, Shirley MacLaine, Julie Andrews, Jane Fonda, Halle Berry, Abigail Breslin, Hilary Swank, Sarah Jessica Parker, Carla Gugino, Sean Young, Marisa Tomei, Kathy Bates, Eva Marie Saint, Juliette Lewis, Joan Cusack, Felicity Huffman, Mandy Moore e Lindsay Lohan. Ed è stato lui che ha lanciato Anne Hathaway con Pretty Princess, dirigendola poi nuovamente in Principe azzurro cercasi e Appuntamento con l’amore.

garry marshall con julia roberts sul set di pretty womanMa attraverso il suo cinema sono passati anche i migliori attori statunitensi: Al Pacino, Richard Gere, Robert De Niro, Tom Hanks, Kurt Russell, Bradley Cooper, Jamie Foxx, Greg Kinnear, Zac Efron, Matt Damon, Topher Grace, Giovanni Ribisi, Dermot Mulroney, Jason Sudeikis, Timothy Olyphant, Garrett Hedlund e Ashton Kutcher. Ma c’è soprattutto un corpo che attraversa tutto il suo cinema ed è quello di Hector Elizondo. Figura apparentemente secondaria ma decisiva, una sorta di Herbert Marshall redivivo. Forse il regista nascosto, forse il burattinaio. Dal direttore d’albergo di Pretty Woman all’agente di Julia Roberts nell’ultimo Mother’s Day sembra essere lui che muove i personaggi di nascosto. Oppure le azioni più importanti del film, il mutamento dei rapporti tra due personaggi devono per forza passare da lui.

garry marshall con julia roberts e bradley cooperFiglio di un produttore cinematografico di origini italiane e un’insegnante di danza e fratello della regista Penny, era nato a New York il 13 ottobre 1934. Attivo già all’inizio degli anni ’60, è il creatore di popolari serie tv come Happy Days e Mork & Mindy. Produttore soprattutto televisivo, tenta inizialmente anche la carriera di attore. Non risulta accreditato in Goldfinger (1964) e ha un piccolo ruolo in Psych-Out (1968) di Richard Rush con Jack Nicholson. Ma la passione di essere davanti la macchina da presa non gli è mai passata tanto che si ritaglia dei piccoli ruoli anche nei suoi film da lui stesso diretti.

garry marshallEsordisce come regista con la farsa ospedaliera L’ospedale più pazzo del mondo (1982) ma il suo amore verso le luci di New York e la nostalgia del passato emergono nel successivo Flamingo Kid (1984) che vede protagonista Matt Dillon nei panni di un figlio di un idraulico che si fa attirare dalla bella vita della spiaggia del Flamingo Club. Diretto a 50 anni, il suo sguardo trasparente invece ha il piglio e l’entusiasmo di un’esordiente e con questo film ha saputo guardare in modo personale a quella generazione dei ‘rivelli senza causa’ che ha segnato una parte del cinema statunitense d’inizio anni ’80. Mescola la commedia al melodramma che poi è uno dei segni riconoscibili del suo cinema. Dall’immagine del padre di Tom Hanks sofferente di diabete e senza lavoro di Niente in comune (1986) al modo in cui viene filmata la malattia in Spiagge (1988), il suo cinema sa come ritagliare ‘classicamente le scene madri’ senza mai essere opprimenti. Una specie di Delmer Daves spogliato dalla grandiosa esasperazione del mélo, in un cinema che si surriscalda, come nell’ultimo Mother’s Day, come per accumulo. Rivisita le forme di una post-screwball-comedy in Una coppia alla deriva (1987) con una guerra tra sessi accesissima tra Goldie Hawn e Kurrt Russell, lei ricchissima e insopportabile ma colpita d’amnesia e lui falegname con figli al seguito.

richard gere julia roberts pretty womanIl grande successo arriva con Pretty Woman (1990). La coppia Richard Gere-Julia Roberts diventano le icone di una nuova commedia romantica, dove Cenerentola incontra My Fair Lady, piena di bagliori, di sogni, di improvvise cadute, quasi labirinti sentimentali con personaggi sospesi nello spazio che si moltiplicheranno anche nella commedia matrimoniale Se scappi, ti sposo (1999), forse il remake mai dichiarato, forse le mutazione degli stessi due personaggi un un’altra vita. E si moltiplicheranno come zombie tra Los Angeles e New York in Appuntamento con l’amore (2010) e Capodanno a New York (2011), in un gioco di destini incrociati, dove i personaggi si abbracciano, si lasciano, si ritrovano, si seguono. In quelle magiche luccicanze della metropoli che arrivano proprio da Pretty Woman, con l’uomo d’affari, la prostituta e le strade di Hollywood che diventano le figure e i luoghi del suo cinema, che spesso si riciclano con piccole variazioni. Dove il caso e il destino, in quei due film, hanno una precisione geometrica nel modo in cui sono filmati ma al tempo stesso hanno anche l’imprevedibilità della vita vera.

Pretty Woman è un successo planetario. Costato 14 milioni di dollari, ne incassa quasi 180. E che è capace di mescolare David Bowie con Vivaldi, Prince con Giuseppe Verdi, fino a una delle scene più emozionanti di tutta la commedia sentimentale degli ultimi 40 anni, il ritorno a casa di Julia Roberts con la macchina di lusso dell’albergo sulle note laceranti di It Must Have Been Love dei Roxette.

michelle pfeiffer e al pacino in paura d'amarePretty Woman è la folgorazione. Il successivo Paura d’amare è forse il suo capolavoro. La tormentata storia tra Frankie e Johnny, lui cuoco appena uscito di prigione e lei cameriera sola e disillusa, ha un realismo contagioso, un’immediatezza impressionante. Pur in un film molto dialogato, tra Al Pacino e Michelle Pfeiffer prevalgono gli sguardi cercati, i tentativi goffi e anche istintivamente slanciati di un contatto fisico. I due attori, che avevano già recitato insieme in Scarface (1983) di Brian De Palma, sembrano essere continuamente sulla corda, dentro e fuori il Metodo, con il finale dove il Clair de lune di Debussy mostra ancora come Marshall sia tra i cineasti statunitensi che sanno creare meglio l’impatto tra le immagini e la musica. Dopo due film inediti in Italia, Exit to Eden (1994) e la commedia fantastica Strani miracoli (1996), nel 1999 realizza Un amore speciale e Se scappi, ti sposo. Nel primo, un melodramma sulla malattia, riesce a creare una leggera e intensa storia d’amore tra due ragazzi – interpretati da Juliette Lewis e Giovanni Ribisi – affetti da handicap mentale. Nell’altro ritrova Richard Gere e Julia Roberts, rispettivamente nei panni di un cronista in cerca di scoop e una ragazza che non ce la fa a dire sì quando si trova all’altare. In quest’ultima opera sembra voler cercare di ricreare l’eterna giovinezza, il tempo che si arresta e riparte. Tra la commedia degli equivoci e quella rosa. Poi con Pretty Princess (2001) e, in misura minore, con il sequel Principe azzurro cercasi (2004) realizza forse un altro remake di Pretty Woman con Anne Hathaway al posto di Julia Roberts. E anche attraverso la figura di Julie Andrews che sembra uscita da un libro di favole, riesce ad essere forse l’unico regista capace di far rivivere le atmosfere della fiaba negli ambienti contemporanei, spogliati però dal marchio Disney anni ’60.

jennifer aniston mother's dayQuello di Garry Marshall è un cinema pieno di desideri, di ‘parole che non ti ho detto’ come dimostra il successivo, bellissimo, Quando meno te lo aspetti (2004) con Kate Hudson che vede che il suo lavoro in un’agenzia per modelle sta per decollare ma all’improvviso deve occuparsi dei figli della sorella, morta in un incidente. La scena della telefonata al ristorante è tra i momenti più forti del suo cinema. L’arrivo del dolore all’improvviso e i luoghi prima illuminati che vengono offuscati dalle ombre del lutto. Infine, con Georgia Rule del 2007 (mai uscito in Italia e trasmesso solo in tv col titolo Donne, regole…e tanti guai) mette a confronto tre generazioni incarnate da Jane Fonda, Felicity Huffman e Lindsay Lohan (con Radio America di Altman qui al miglior ruolo della sua carriera) in cui gli accesi scontri di caratteri sembrano scandire la quotidianità del tempo che passa con la stessa abbagliante aderenza realistica ma anche con quello stile apparentemente sommesso del migliore Robert Benton. Fino all’ultimo Mother’s Day (2016), dove ci sono forse dei continui squarci di remake, di un cinema fermamente ancorato a se stesso. Come se non volesse lasciare una nave in pericolo. Forse è per questo che Garry Marshall è sempre stato uno dei nostri autori, è entrato nella nostra politica e ogni volta ci inghiotte dentro un mondo che non vorremmo mai abbandonare. Perché il suo cinema è uno dei nostri punti fermi. Tra le nostre (poche) sicurezze.

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