Suspiria, di Dario Argento

Argento e Tovoli lavorano sullo spazio per dare allo spettatore un costante senso di oppressione. La deriva fiabesche e onirica della trama nega ogni deduzione logica. In sala per i 40 anni, in 4K

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Susy Benner decise di perfezionare i suoi studi di balletto nella più famosa scuola europea di danza. Scelse la celebre accademia di Friburgo. Partì un giorno alle nove di mattina dall’aereoporto di New York e giunse in Germania alle 22 e 45, ora locale…

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La voce di Dario Argento introduce il prologo di Suspiria mentre Jessica Harper si avvicina alla porta scorrevole dell’aeroporto di Friburgo. La ragazza abbandona lentamente lo spazio sicuro della modernità mentre oltre il vetro che la protegge dall’uscita infuria una notte tempestosa. Il dettaglio sul meccanismo che aziona l’apertura e proietta la protagonista definitivamente all’esterno non è un vezzo stilistico. La giovane eroina americana abbandona le certezze del mondo nuovo per tornare nella vecchio continente allo stesso modo in cui Dario Argento decide di abbandonare la labile struttura narrativa del suo cinema. Jessica Harper entra nel regno della fiaba e della superstizione ma anche il regista lascia definitivamente i rigidi vincoli che regolano il thriller. Suspiria è il suo primo film che nasce esclusivamente dallo stimolo di una serie di visioni più che dall’esigenza di raccontare una storia. La razionalità e la concatenazione logica degli eventi sono sempre secondarie rispetto al lavoro sullo spazio e sulla luce. Il perenne stato di tensione in cui lo spettatore viene proiettato deriva esclusivamente dallo spazio scenico.

Una sensazione che le musiche dei Goblin non fanno altro che amplificare senza sconfinare in quel manierismo che successivamente li avrebbe condannati ad una prematura autoimitazione. Lo straordinario talento di Luciano Tovoli viene liberato dalle catene di un cinema realista e il direttore della fotografia rielabora le scenografie liberty dandogli una sfumatura soffocante. Tutte le inquadrature hanno un contrasto di colori saturi e innaturali in cui le dominanti rosse e blu hanno l’effetto di togliere un riferimento familiare allo spettatore. Un risultato premeditato e ottenuto attraverso la costosa ostinazione a voler utilizzare una pellicola a bassa sensibilità sviluppata con l’obsoleto procedimento del Technicolor. La ragazza fa leggere al tassista l’indirizzo della Tanz Akademie e la vettura si muove verso una profetica e immaginaria Escher Straße. La scelta degli ambienti non è mai casuale e costringe i personaggi a muoversi in un contesto labirintico ed insostenibile. Jessica Harper vorrebbe soggiornare da un’altra parte anche prima di conoscere la verità ma viene trattenuta a forza nell’edificio e poi drogata per impedirle di allontanarsi. Le lenti spesso deformano la profondità e la scena cambia continuamente le proporzioni degli oggetti come se la protagonista fosse una nuova Alice in Wonderland. Le maniglie delle porte sono all’altezza della sua testa e per accedere all’antro della strega è costretta passare attraverso una fessura nascosta che la rende improvvisamente più grande. La sua amica cerca di scappare dalla morte arrampicandosi su un muro troppo alto dove c’è una finestra troppo piccola…

I prodigiosi risultati della collaborazione tra Dario Argento e Luciano Tovoli raggiungono il picco della carriera del regista romano nella sequenza in cui il pianista cieco dell’accademia viene aggredito dal suo cane guida. La sua tendenza a montare pezzi di città diverse in uno spazio metafisico trova lo scenario perfetto nell’immenso deserto di Konigsplatz a Monaco. I tre possenti edifici neoclassici si stagliano minacciosi nel buio mentre le complesse e artigianali riprese a volo d’uccello regalano la sensazione di una minaccia che è ovunque. La sequenza è lunga ed elaborata ma la sua natura è accessoria e rivela una crescente attenzione a quello che è superfluo dal punto di vista narrativo. La tendenza sarà sempre più esagerata e la filmografia successiva di Dario Argento sarà all’insegna di una disperata ricerca di un punto di equilibrio. I suoi film successivi si sono sbilanciati alla ricerca di lampi isolati in una trama sempre più rarefatta. Oppure, si sono imposti un autocontrollo forzato che ha bloccato il talento del regista. Suspiria resta l’unico esempio in cui tutte le forze migliori del suo cinema si sono ritrovate perfettamente sintonizzate. Dario Argento ha avuto altri momenti di fulminante follia coreografica come quella del duplice assassinio iniziale ma raramente è riuscito ad autoalimentarli in un incubo che non finisce nemmeno con i titoli di coda. Il senso di oppressione che lascia Suspiria si fa fatica a toglierselo di dosso soprattutto quando ci si avvicina alla finestra del bagno.

 

Regia: Dario Argento
Interpreti: Jessica Harper, Stefania Casini, Joan Bennett, Alida Valli, Flavio Bucci, Miguel Bosé, Udo Kier, Renato Scarpa, Margherita Horowitz, Barbara Magnolfi, Susanna Javicoli, Eva Axén, Jacopo Mariani, Rudolf Schündler, Giuseppe Transocchi, Renata Zamengo, Giovanni Di Bernardo
Distribuzione: QMI/Stardust (per la versione restaurata in 4k per i 40 anni del film)
Durata: 98′
Origine: Italia, 1977

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.78 (9 voti)
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