Sweat, di Magnus von Horn

Il film di Magnus von Horn è un prodotto dei tempi in cui viviamo. Un’attualità assoggettata dalle logiche da social network e dalla pura apparenza. Dal CiakPolska 2021 di Roma

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Il giovane regista svedese naturalizzato polacco Magnus von Horn, qui al suo secondo lungometraggio dopo The Here After (2015), racconta la tormentata quotidianità dell’influencer Sylwia Zajac, in questo film visto a Roma al CiakPolska, e che ha fatto parte della selezione di Cannes2020. La donna è impegnata nel settore del fitness, mostrando sui social una vita sana e divertente. L’apparente perfezione che coinvolge ogni istante delle sue giornate viene spezzata da uno stalker, un uomo che la spia sotto casa.

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Sweat è la fotografia dell’attuale condizione in cui sono immersi gli influencer. Si tratta di persone assuefatte dalla condivisione abituale delle loro azioni, fino a diventarne vittime inconsapevoli. La libertà di poter mostrare a tutto il mondo ciò che si fa nel quotidiano, viene ribaltata dalla costrizione alienante dettata dal fatto di dover quasi obbligatoriamente realizzare sempre nuove stories. Il profilo di Sylwia Zajac diventa quindi una prigione digitale in cui la libertà di gestirlo come meglio si crede è messa in crisi dagli sponsor che la invitano ad avere atteggiamenti perennemente entusiasti, per apparire un modello agli occhi dei suoi follower. Ciò delinea un quadro di solitudine in cui si trova assorbita la donna. Sylwia Zajac, abbandonata anche dalla sua famiglia che non riesce a empatizzare con lei, trova nei social l’unico strumento con cui sfogarsi. Piange, racconta apertamente ciò che la mette in crisi, senza nascondere il suo profondo malessere interno.

Sweat porta avanti, inoltre, una non velata critica al mondo del fitness che, dietro la narrazione propagandistica di buona salute che racconta e mette in luce, nasconde individui che ne vengono dominati, snaturando le loro essenze di esseri umani “difettosi” per natura. Una natura che nega quegli ideali di perfezione. Sylwia Zajac non è solo dominata dalla solitudine, ma finisce per diventare un prodotto dei brand che sono i veri arbitri del suo profilo e della sua vita. Una riflessione che il film porta avanti esplicitamente, accostandosi a pensieri di pasoliniana memoria, in cui certi modelli di società possono approdare a una forma di “mercificazione del corpo umano”. 

Il film di Magnus von Horn, pur sondando un fenomeno già ampiamente discusso, riesce a restituire quel senso di tossicità che attraversa la quotidianità di un numero sempre più esteso di persone. L’attrice Magdalena Kolesnik è perfetta nel ruolo che gli è stato cucito addosso, riuscendo a far emergere quel senso di disagio nichilistico su cui si poggia la società fluida in cui viviamo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.5 (2 voti)
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