Sweet Girl, di Brian Andrew Mendoza

Improponibile colpo di scena per un revenge movie che si perde senza lasciare traccia. Volenterosa interpretazione di Jason Momoa che mostra il suo lato drammatico. Su Netflix

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Bisognerebbe sapere cosa passa nella testa degli sceneggiatori quando si trovano di fronte uno scoglio narrativo. Quelli di Boris optavano per una scopata tra i personaggi principali “così de botto senza senso…”. Philip Eisner, Gregg Hurwitz e Will Staples optano per uno dei twist più improbabili nella storia del cinema. Non spoileriamo naturalmente e lasciamo allo spettatore il compito di schiacciare il pulsante F4, modalità basito.

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La storia di Sweet Girl naviga attraverso luoghi comuni frequentatissimi: quando a Ray Cooper (Jason Momoa ottimo interprete de Il trono di spade e Aquaman) muore l’adorata moglie Amanda (Adria Arjona), il gigante muscoloso di Pittsburgh decide di vendicarsi dei vertici della casa farmaceutica che ha ritirato il chemioterapico salva vita dal commercio, per mera strategia di marketing. Ray e la figlia Rachel (Isabela Merced) rimangono invischiati in una serie di complotti che mostrano il solito lato avido del potere e la smisurata ambizione carrieristica.

Il film è diviso nettamente in tre parti: nella prima viene narrato con dovizia di particolari il calvario medico della povera Amanda ed i rapporti tra i familiari, specificatamente tra padre Ray e figlia Rachel. Nella seconda parte si attua la vendetta di Ray con relativa fuga e infine nella terza il colpo di scena alla Shyamalan che dovrebbe ribaltare il punto di vista dello spettatore.

Nonostante le buone intenzioni e una discreta prova degli attori, quello che manca a Sweet Girl è una certa coerenza interna e una originalità nello sviluppo del revenge movie. Jason Momoa si sforza nel mostrare il lato patetico del suo personaggio ma in ogni situazione in cui rimane coinvolto (il tuffo dal ponte, l’irruzione nella cena di gala, l’agguato in metropolitana) rimane una diffusa sensazione di già visto e sentito. La stessa figura di Rachel che si allena furiosamente con la rabbia di Maggie in Million Dollar Baby, mostra delle importanti contraddizioni: la scena del combattimento dentro la fontana sconfina letteralmente nella fantascienza. Pur basato sulla fisicità di Momoa e sulla violenza degli scontri fisici e la frenesia degli inseguimenti, Sweet Girl stempera la sua carica adrenalinica sovvertendo il ruolo del protagonista e sabotandolo. Dal momento della rivelazione della natura psicotica della mente narrante, risulta ancora più difficile credere a certi duelli e ad acrobazie muscolari. Anche la carta del politico corrotto è un espediente abusato e il rapporto tra padre e figlia non viene mai analizzato in profondità, rimanendo sospeso tra le note di Sweet Child of Mine dei Guns N’ Roses.

Brian Andrew Mendoza vorrebbe contaminare il film d’azione sul modello di Io vi troverò di Pierre Morel con le dissociazioni di personalità alla Fight Club o Shutter Island, ma in realtà viene fuori un gran minestrone insipido che dietro le botte e gli spari nasconde un evidente vuoto di ispirazione. Il finale con quella mano appoggiata al finestrino vorrebbe ribadire il passaggio di testimone tra padre e figlia, in realtà è l’ennesimo passo falso di un’opera che si perde nella retorica del dramma familiare senza riuscire a sferrare fino in fondo l’attacco a Big Pharma e ai burattinai della politica.

 

Titolo originale: id.
Regia: Brian Andrew Mendoza
Interpreti: Jason Momoa, Isabela Merced, Manuel Garcia-Rulfo, Amy Brenneman, Adria Arjona, Milena Rivero, Justin Bartha
Distribuzione: Netflix
Durata: 110′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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