Taken 3 – L’ora della verità, di Olivier Megaton


Besson lascia da parte la trovata del rapimento come detonatore dell’azione e fa di Bryan Mills sia il cacciatore che la preda da braccare. Il risultato è una complicata trama dal ritmo elevatissimo, fatta di tradimenti e false piste, dove Liam Neeson diventa una presenza inafferrabile che continua a sfuggire al nostro sguardo

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Non è ancora giunto il momento del meritato riposo per il Bryan Mills di Liam Neeson. Per il ritorno dell’infallibile e letale ex agente dei servizi segreti statunitensi bessoniano, Olivier Megaton riparte proprio dalla tensione affettiva verso un’immagine di unità familiare che, come scrive Sergio Sozzo, aveva fatto da motore emotivo al precedente capitolo di Taken. Ma, anziché riuscire a fermarsi nella geometria di un bacio, che ha tutto il sapore di un possibile ritorno a casa di Lenore, e dove magari giocare anche, con un pelouche gigante in braccio, a fare il padre che non vuole ancora trovare una prospettiva attraverso lo quale guardare una figlia diventata ormai adulta e prossima alla maternità, l’immagine che Mills si trova a dover affrontare è la recisione definitiva, come il taglio che ha squarciato di netto la vita della sua ex moglie, di ogni possibilità di vedere la sua famiglia di nuovo unita.

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Ne consegue un’indagine personale alla ricerca, appunto, della verità, dove Besson opera un deciso scavalcamento della struttura narrativa consolidata dai due precedenti episodi della serie. Taken 3 lascia difatti da parte la trovata del rapimento come detonatore dell’azione, solo nelle battute finali del film Kim verrà presa come ostaggio, e fa di Bryan Mills sia il cacciatore del vero colpevole dell’omicidio della moglie, che la preda da braccare, con sulle spalle quell’accusa pesante come un macigno di uxoricidio, che lo trasforma in un fuggiasco tra le strade e i sotterranei di Los Angeles. Il risultato è una complicata trama dal ritmo elevatissimo, fatta di tradimenti e false piste, che Olivier Megaton traduce sapientemente nella perenne tensione di uno sguardo, se possibile, ancora più frenetico e adrenalinico. Senza concedere neanche un attimo di respiro, fino al magnifico finale con una Porsche lanciata a tutta velocità contro un jet privato, Taken 3 procede per un accumulo folgorante di traiettorie spezzate e accelerazioni, dove, nella sua vendetta mascherata da fuga, Liam Neeson diventa una presenza dolente e, nonostante Megaton raddoppi la velocità per inseguirlo, imprendibile. Se in questo terzo capitolo la scrittura di Besson cerca un difficile equilibrio tra la componente più cinica del primo Io vi troverò, ritrovando anche il Mills torturatore, e le geometrie affettive di Taken – La vendetta, emblematico a questo proposito è l’abbraccio clandestino nel bagno del campus con la figlia, è invece proprio il ritardo perenne rispetto alla velocità di Liam Neeson, uno scarto reso ancora più evidente dall’introduzione di un personaggio atipico per la saga, quello di Forest Whitaker nei panni, di nuovo, dell’ispettore, a costituire il vero centro nevralgico di Taken 3. Nell’affastellarsi delle sue apparizioni e delle sue scomparse, il protagonista di Taken 3 è una presenza inafferrabile che, abitando già l’immagine successiva nel momento in cui sta per esser raggiunta, continua a sfuggire al nostro sguardo, come se a Mills non restasse che diventare un fantasma, senza più un’immagine alla quale tornare.

 
 
Titolo originale: Taken 3
Regia: Olivier Megaton
Interpreti: Liam Neeson, Famke Janssen, Maggie Grace, Forest Whitaker, Jon Gries, Leland Orser, Jonny Weston, Dylan Bruno, Alan D. Purwin
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 109’
Origine: Francia, 2015
 

 

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