TALLINN 13 – Il Black Nights Film Festival premia Israele, Lituania e Stati Uniti

ajami di scandar copti e yaron shani, vincitore a Tallinn 13
Premi abbastanza prevedibili, oppure convenzionali, comunque poco coraggiosi, quelli assegnati dalla giuria
. Si conclude Tallinn anno tredici, dunque. A vincere il concorso principale del festival, riservato a film di Europa e Asia, premiato dalla giuria presieduta dal produttore ucraino Alexander Rodniansky, è stato il lungometraggio Ajami, diretto dal regista palestinese d’Israele Scandar Copti e dal collega israeliano Yaron Shani

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ajami di scandar copti e yaron shani, vincitore a Tallinn 13Il Tallinn Black Nights Film Festival (PÖFF), che ha chiuso venerdì sera la tredicesima edizione con la consegna dei premi (ma che proseguirà fino a domenica 6 nei cinema della capitale), è tornato, almeno un po’, alle origini. Sempre più consistente nella sua struttura, nel numero delle sezioni (quest’anno c’è stata la novità del concorso per i film indipendenti nordamericani), nella moltiplicazione del suo corpo non solo nei mini-festival che lo precedono (Animated Dreams è giunto all’undicesima edizione; lo Student and Short Film Festival Sleepwalkers al decimo anno; il Children and Youth Film Festival Just Film al nono anno) e nell’ormai consolidata esperienza delle giornate dedicate ai Baltic Events (che per l’ottava volta hanno radunato a Tallinn gli addetti ai lavori per scoprire la nuova produzione baltica, compresi i film in post-produzione), ma anche nella novità rappresentata dal Black Market (ovvero un nuovo mercato dedicato all’industria cinematografica dell’area non solo baltica ma pure degli altri paesi vicini dell’Europa centrale e dell’est, e che dal prossimo anno prenderà nuove strade comunicative diventando un mercato on line), il Black Nights Film Festival ha trovato ospitalità per aluni dei suoi eventi principali nel neonato centro Solaris, vale a dire un immenso shopping center con multiplex e un’area con libreria e due sale riservate a un cinema meno commerciale, che ha parecchio tradito l’idea di un progetto annunciato come vero e proprio centro culturale. Lì, il PÖFF iniziò il suo viaggio. Lì c’era un vecchio edificio culturale del periodo sovietico raso al suolo qualche anno fa per fare posto al nuovo complesso. Ed è un vero peccato che non sia stata mantenuta memoria di quel luogo.
Tallinn anno tredici, dunque. Nella città estone che nel 2011 sarà capitale europea della cultura e che sta rinnovando nel migliore dei modi il suo look. A vincere il concorso principale del festival, riservato a film di Europa e Asia, premiato dalla giuria presieduta dal produttore ucraino Alexander Rodniansky, è stato il lungometraggio
Ajami, appena due settimane dopo il massimo premio ricevuto al Festival di Salonicco, diretto dal regista palestinese d’Israele Scandar Copti e dal collega israeliano Yaron Shani. Originale nell’approccio, che però ben presto si avviluppa in un percorso filmico ripetitivo tra presente e memoria recente, Ajami affronta la questione israelo-palestinese narrando la vita e la morte nel quartiere di Tel Aviv del titolo, in parte arabo, con lo stile di un thriller poliziesco sociale che fa pensare per certe espressoni a Gomorra.
Premi abbastanza prevedibili, oppure convenzionali, comunque poco coraggiosi, quelli assegnati dalla giuria. Miglior regia al finlandese Klaus Häro, autore di
Postia pappi Jaakobille (Letters to Father Jacob), potsia pappi jaakobille di klaus harosentimenti bergmaniani nel dolore che abita i personaggi, ma non nello stile talmente ricercato da farsi formalismo denso di metafore troppo evidenti e con una colonna soora che aggiunge inutile pathos. Migliore attrice, la norvegese Maria Bonnevie per il ritratto, in età aduta, di un personaggio segnato da una continua deriva in Ingel (The Angel) di Margreth Olin, dal realismo sociale spinto, come in un Ken Loach, dentro il quale affiorano lampi lievi di una memoria bruciante nei ricordi muti della donna. E miglior attore, David Dencik nel ruolo del nazista gay nel mediocre, contraddittorio e infine banale Broderskab (Brotherhood) del danese di origine italiana Nicolo Donato. Non va meglio con il premio speciale della giuria, assegnato alla commedia politica, tutta urlata e sopra le righe, certo nei toni di un preciso cinema slavo, ma non per questo di alto o almeno buon livello, Nunta in Basarabia (Wedding in Bessarabia), co-produzione tra Romania, Moldova e Lussemburgo diretta dal regista romeno al suo secondo lungometraggio Napoleon Helmis. Confinato a un premio della giuria «per aver catturato cinematograficamente la vita di tutti i giorni nell’Iran underground» l’intenso lavoro di Bahman Ghobadi Kasi az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh (No One Knows About Persian Cats), sulla musica underground iraniana. Fuori da qualsiasi premio le opere migliori del concorso, come Melodija dlja sharmanki (The Melody for a Street Organ) di Kira Muratova, Moon di Duncan Jones o Kuki Ningyo (Air Doll) di Kore-eda Hirokazu.
Gli altri due concorsi ufficiali sono stati vinti da
Duburys (Vortex) del lituano Gytis Luksas (miglior film baltico) e da (Untitled) dello statunitense Jonathan Parker, commedia dei sentimenti con protagonista un’affascinante gallerista d’arte (miglior film indipendente nordamericano).

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