Il festival di Taormina riconferma la specializzazione assunta nella scorsa edizione e che con buona probabilità, anticipa il direttore, accompagnerà anche la seguente: il “made in English”. E subito si apre il dibattito; le ragioni commerciali contrapposte al desiderio dell’autore che usa l’inglese per farsi capire meglio. Felice Laudadio, direttore del festival, cita film come “Chocolat” girato in lingua inglese che, nonostante lo sciovinismo d’oltralpe, insegue l’Oscar come miglior film straniero, e “ABC Africa”, del regista Abbas Kiarostami che urla in una lingua comprensibile ai più la sua rabbia contro il genocidio da AIDS che sta devastando il continente africano.
Contrapposizioni d’intenti che, seppure enunciate a gran voce come incipit alle calde serate cinematografiche ospitate da una Taormina infiocchettata, raramente ritroviamo scorrendo il programma del festival; su tutto sembrano prevalere le ragioni del denaro le stesse, che non hanno reso possibile il reclutamento di pellicole italiane perché, spiega lo stesso Laudadio: «…produttori e distributori italiani considerano la stagione estiva come riserva esclusiva di caccia per i blockbusters americani e non come terreno utile ai buoni film italiani». Quindi, tolta la retrospettiva su Luigi Comencini, alcuni omaggi al grande cinema italiano sponsorizzati dalla Philip Morris e una “personale” dedicata all’autore e regista siciliano Franco Indovina, vittima della tragedia di Punta Raisi, la presenza di connazionali è limitata alla neonata sezione “I Siciliani” curata dall’Associazione Culturale Visionaria. La rassegna è articolata in due momenti: quello dedicato ai cortometraggi di registi siciliani e quello ai giovani attori siciliani di talento, per mettere in risalto le novità e le caratteristiche che il cinema siciliano incarna.
Il teatro greco è il luogo istituzionalizzato che ospita il grande cinema: le grandi star del cinema mondiale ricevono ogni sera il Taormina Arte Diamond Award, un bracciale in diamanti chiamato “Tennis”. Poi il palcoscenico illuminato si trasforma in arena e sullo schermo che copre la vista sui Giardini di Naxos sfilano pellicole internazionali, grandi produzioni che non hanno bisogno di procacciarsi una distribuzione. Inoltre: registi più o meno conosciuti che presentano in anteprima mondiale i film che apriranno la nuova stagione cinematografica. In questa sezione si ha il privilegio di assistere in anteprima mondiale alla versione integrale di “Apocalypse Now”, capolavoro di Francis Ford Coppola.
Ciò che accomuna le pellicole in rassegna al teatro greco sono gli incassi che con buone probabilità saranno i più alti della stagione, primo fra tutti l’ultimo fantasy di Ivan Reitman, “Evolution”, già in programmazione nelle sale di tutta Italia, commedia che trae spunto da una teoria denominata “panspermia” che azzarda l’ipotesi che la vita viaggi da un sistema planetario all’altro per mezzo di meteore che si schiantano su pianeti privi di vita. Ricordato sicuramente per “Gorky Park” e per il più recente “Extreme Measures”, Michael Apted presenta un melò ambientato in una stazione X britannica dove si lavora per decodificare i codici di trasmissione tedeschi durante la Seconda guerra mondiale; più interessanti sono gli esordienti, fatta eccezione per Nick Hamm che presenta “The Hole” ritratto di un’adolescenza che spaventa, ma di cui nella prossima stagione si sentirà parlare fin troppo. Ci si augura che lo stesso destino spetti al britannico “Kiss Kiss (Bang Bang)” di Stewart Sugg, un piccolo film surreale e grottesco che racconta la storia di Felix (Stellan Skarsgard), uno spietato killer avanti con gli anni, figura che teneramente ricorda il mitico detective Marlowe, il quale decide di interrompere la professione, ma per saldare i suoi debiti è costretto ad accettare l’unica offerta di lavoro che gli si offre: fare da baby-sitter a Bubba (Chris Penn), un uomo di trent’anni che non è mai uscito di casa perché il padre lo ha voluto sottrarre agli inevitabili dolori che la vita presenta. I due uomini intraprendono un cammino di reciproco accrescimento. Fuori da ogni facile retorica, la pellicola contiene un afflato vitale che non tocca mai la volgare terra e che nel finale s’innalza all’altezza del sogno. Dalla poesia di Stugg al delirio di Richard Perry, giovane documentarista inglese alla sua prima esperienza cinematografica. Il suo film, “Sout West Nine”, è un ritratto forte e divertente di sei individui singolari che si muovono in un labirinto urbano, il quartiere di Brixton a sud di Londra, nell’arco di ventiquattro ore che cambieranno la loro vita. Viaggio nelle sottoculture metropolitane, droghe chimiche, rave party e new economy, compongono una realtà psichedelica ripresa con un linguaggio che contiene un’approfondita conoscenza di uno stile visionario e innovativo. Chiude la rassegna al teatro antico “The Anniversary Party”, esordio alla regia per l’attrice californiana Jennifer Jason Leigh in coppia con il britannico Alan Cumming. I due registi e protagonisti disegnano un affresco sulla vita di coppia stile Grande Freddo, ma più che corale, la pellicola d’esordio rappresenta per i due attori la possibilità di dominare la scena, persino quando a contrastarli è il grande Kevin Kline.

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