TELEFILM – Italia1 by night…

Con uno special tutto dedicato alle ore piccole, andiamo a scoprire cosa si nasconde nella seconda serata di Italia1 in questo mese di settembre: da "Angel" a "The Shield", da "Oz" a "The Closet" un pacchetto per veri telefili… Un'anticipazione dal numero di settembre di Telefilmmagazine

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di Giorgio Baracco


 


«Per chi non può o non vuol dormire quando un giorno è appena finito ed un altro sta per cominciare … » per chi poi volesse fare a meno del mantra marzulliano, da oltre un quindicennio dominatore dei palinsesti RAI, la notte di Italia1 (chiamiamo le cose con il loro nome, visto gli slittamenti continui delle cosiddette seconde serate) offre in questo periodo un nutrito pacchetto di telefilm fatto di prime assolute e graditi, ed un po' inaspettati, ritorni. Sull'onda lunga di un'estate che ha visto la più giovane delle reti Mediaset proporre piccoli grandi cult come Ti presento i Miei ed Angel, Italia1 si conferma anche in questo autunno come un network sensibile alle nuove tendenze ed ai nuovi linguaggi, disponibile a "sporcarsi le mani" con prodotti "forti", a volte un po' discutibili, ma di grande qualità.


 


Un distintivo "sporco"


Se Angel continuerà ad affascinare e a consolare gli orfani di Buffy (e per i super fan della serie, abbiamo preparato addirittura un libro tutto dedicato al vampiro con l'anima ) anche in autunno, il ritorno di The Shield, dopo la messa in onda nella scorsa primavera, conferma il buon successo di pubblico e critica che la serie ha raccolto fino adesso. Il nerboruto e amorale detective Vic Mackey, interpretato dal poliedrico e talentuoso Michael Chiklis (un po' la versione da piccolo schermo del Cattivo Tenente di Abel Ferrara) continua la sua lotta al crimine nelle strade assolate di Los Angeles, senza dimenticare di curare il suo tornaconto personale… A capo dello Strike Team, una cellula all'interno del dipartimento di polizia, promuove assieme ai suoi fidati, (fino ad un certo punto) compagni una propria agenda solo in parte coincidente con quella dell'istituzione, alimentando così le occasioni di scontro/confronto con colleghi e superiori. A partire da quelli con il Capitano Aceveda (Benito Martinez), per certi versi l'alter-ego di Mackey: all'inizio della serie i suoi modi urbani, il rispetto scrupoloso della legge, lo avevano reso un personaggio positivo con cui simpatizzare, finché, episodio dopo episodio, anche la sua rispettabilità ha cominciato a vacillare sotto i colpi di una carriera politica da conquistare attraverso un uso "accorto" e spregiudicato dei poteri conferitegli dalla legge. Di tutta altra pasta, l'abbiamo visto, il detective Mackey, che da cattivo sui generis quale è, ridefinisce ed anzi calpesta, con un linguaggio appena al di sotto dell'indecente, la linea di confine tra il bene e il male rendendola praticamente evanescente… A differenza di altre uniformi note del piccolo schermo, i cui mezzi poco ortodossi sono riscattati dalla nobiltà dei fini, qui sono i fini stessi ad essere, a dir poco, discutibili. Che cosa bisogna pensare di un poliziotto che stringe accordi con capi mafia, o che fa rapire un giocatore di baseball prima di un importante incontro, di modo che la squadra su cui ha scommesso possa vincere più agevolmente la partita (è successo per davvero nella prima stagione!)? La riposta, fin troppo ovvia, è che l'unica differenza tra costui e i criminali cui dà la caccia sta in quel pezzo di latta, in quel distintivo che si porta dietro, the shield appunto… Eppure per quanto abbietto, egoista e corrotto sia, il personaggio di Chiklis non riesce mai ad essere del tutto odioso ai nostri occhi: merito della superba interpretazione dell'attore e di una trama che, nel corso di queste tre stagioni, ha saputo pescare nel privato dei vari protagonisti per renderceli più umani e degni di compassione. Il quarto ciclo scuoterà le nostre certezze portando una ventata di novità: dissoltosi lo Strike Team e con una Los Angeles costantemente sul baratro di un guerra tra gang il Capitano Aceveda dirà addio al dipartimento (pur continuando ad immischiarsi negli affari di Mackey & C) sostituito da una splendida Glenn Close, in una delle sue rare apparizioni sul piccolo schermo, nei panni del Capitano Monica Rawling. Senza voler troppo spoilerare (anticipare quello che accadrà) possiamo annunciarvi, fina da ora, che quella della Close sarà una presenza intesa ma breve, visto che l'attrice lascerà la serie dopo solo un anno per sposare nuove scommesse artistico-professionali. Che il "lato oscuro" di Mackey abbia stufato anche lei? Seguite la serie e lo scoprirete…

Carcerati e Poliziotti


Ma se è vero che il ritorno di The Shield è graditissimo, è altrettanto vero che le sorprese del palinsesto autunnale di Italia1 sono ben altre… Per la prima volta su un canale in chiaro, infatti, arriva il prison drama Oz insieme al nuovissimo poliziesco The Closer, il cui esordio pochi mesi fa in America sul canale via cavo TNT ha fatto registrare il record d'ascolti per una premiere su una tv a pagamento. Grande attesa per entrambi, anche se si tratta di due prodotti molto diversi l'uno dall'altro. Il primo, Oz, lanciato nel 1997, è stato uno di quei telefilm che assieme a Sex and the City e a I Soprano ha costruito la reputazione di HBO come inesauribile serbatoio di proposte seriali davvero nuove ed interessanti. Ambientato in un penitenziario di massima sicurezza, "Oz" è infatti il nome di strada dell'Oswald State Penitentiary: scaturito dalla penna e dall'immaginazione di Tom Fontana, l'uomo dietro a telefilm del calibro di Homicide e A cuore aperto, è uno specchio distorto (ma non troppo) della società americana: un melting pot di razze, culture ed identità (Italiani, Neri, Nazisti bianchi, Latinos, Gay) che si contendono il controllo delle risorse disponibili in un determinato territorio. L'unica differenza è che lo spazio non è quello abituale della grande città o quello degli sconfinati spazi della campagna americana, ma quello più ristretto e claustrofobico delimitato da quattro (e forse qualcuna in più…) spesse mura carcerarie. Il focus del telefilm sta in particolare su un'ala sperimentale della prigione chiamata Emerald City dove i muri delle celle sono di vetro. Pensata dall'idealista direttore della prigione Tim McManus (l'attore Terry Kinney) come un passaggio chiave nella riabilitazione dei detenuti, per la capacità di inspirare fiducia e comprensione tra i vari soggetti coinvolti nella struttura carceraria (carcerati, guardie, operatori sociali), il progetto di Emerald City si dimostra, nella pratica, ben lontano dalle speranze del suo ideatore e finisce per avvitarsi in un vortice di violenza, sangue e sopraffazione: le diverse etnie e i diversi gruppi si combattono, stipulano tregue, fanno alleanze come se fossero bande rivali. Sotto l'attenta guida di Fontana, Oz diventa così molto più di una semplice prigione, ma piuttosto un laboratorio dove "testare" i limiti più estremi (e più ributtanti) della natura umana. La serie si avvale poi di un espediente stilistico pregevole, portato in auge successivamente da Desperate Housewives, ovvero quello del narratore, impersonato in questo caso dall'omicida di colore Augustus Hill (Harold Perrineau colui che interpreta Michael Dawson in Lost): questo, vera e propria coscienza "politica"e "morale" della serie, ci parla da una sedie a rotelle legando così assieme le varie vicende che prendono corpo all'interno del carcere. Tra i maggiori protagonisti ricordiamo Tobias 'Toby (l'attore Beecher Lee Tergesen) un avvocato dell'America bene facile preda del nazista Vernon 'Vern' Schillinger (J.K. Simmons), Kareem Said (Eamonn Walker), un imam nero che prepara lentamente i suoi "confratelli" ad una rivincita sulle altre comunità e Miguel Alvarez (Kirk Acevedo) che nel primo episodio fa conoscenza delle maniere non proprio da "principini" degli inquilini di Oz venendo accoltellato al petto ancor prima di mettere piede nel penitenziario. Radicale, brutale ma con quella vena soap tanto tipica dei telefilm drammatici moderni, Oz è in definitiva una delle serie più innovative a portata di telecomando: una serie in cui una volta dentro, non se ne può più evadere…


 

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Dalla parte della legge


Per chi invece volesse tenere la barra dritta sulla classica dicotomia buoni/cattivi, Italia1 offre sempre in seconda serata le storie di The Closer. Tra le novità più piacevoli dell'estate a stelle e strisce, la serie firmata da James Duff è la classica eccezione che conferma la regola. Tipico drama procedurale, anche questa serie scommette (ed è di gran moda ultimamente) sull'accostamento tra gonne e pistole, sulla falsariga di serial come Cold Case, Crossing Jordan e Medium. La scommessa è in gran parte vinta grazie all'interpretazione della detective Brenda Johnson da parte dell'attrice Kyra Sedgwick (la moglie di Kevin Bacon), che alle indubbie doti di femminilità accompagna un atteggiamento da poliziotta consumata. Ex dirigente della CIA, Brenda viene assunta da un suo ex capo, Will Pope (l'attore J.K. Simmons che abbandonati i panni di carcerato di Oz, veste quelli sicuramente più confortevoli di poliziotto), per dirigere un'unità speciale specificamente pensata per omicidi di "alto livello", omicidi cioè che coinvolgono membri della Los Angeles bene. I primi tempi al dipartimento di polizia di Los Angeles non sono esattamente esaltanti per la nostra detective, complice un atteggiamento neanche troppo velatamente ostile all'interno dell'ambiente lavorativo: il suo marcato accento del Sud (vedremo come sarà doppiata in italiano…) oltre al fatto di essere una donna, la rendono immediatamente "diversa" dagli altri membri della "tribù" del distretto, che non sembrano gradire interferenze di nessun tipo nel loro piccolo mondo (un po' antico). Purtroppo per loro, hanno trovato pane per i loro denti: Brenda ha un pugno di ferro nascosto in un guanto di velluto e non ci metterà molto a guadagnare il rispetto e la stima dei suoi colleghi sciorinando loro tutti i trucchi imparati alla CIA su come far parlare anche il più recalcitrante degli indiziati (come chiarisce il promo originale della serie They'lll bring you in. She'll make you talk ovvero Gli altri li portano dentro, lei li fa cantare). Già dal primo episodio, quando la nostra detective si immerge immediatamente nella risoluzione di un misterioso omicidio: una donna è rinvenuta morta nella casa di un milionario e toccherà a proprio a Brenda fare luce su cosa si nasconde nel jet set di Los Angeles. Piccola curiosità: la serie si avvale della consulenza legale dell'ex pubblico ministero di Los Angeles Gill Garcetti, l'uomo cioè che qualche anno fa ha tenuto l'America (e il mondo) inchiodato al teleschermo durante il caso O.J. Simpson. Ironia della sorte e della storia, visto che il caso O.J. è stato proprio uno di quelli che toccherebbe (nella fiction) alla detective Brenda Johnson risolvere e che il giudice Garcetti (nella realtà) viceversa mancò di portare a buon fine.


 

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