TELEFILM – Oz
Prodotta dalla HBO, “Oz” si può definire una delle serie televisive più innovative degli ultimi anni, cruda e violenta, senza filtri da parte della censura e, per la qualità della messa in scena e della sceneggiatura, dal sapore decisamente cinematografico
Il carcere, da sempre, ha ispirato molti cineasti che si sono cimentati nella regia cinematografica di lungometraggi dove le implacabili sbarre di ferro e acciaio hanno rappresentato il tema della narrazione. Andando indietro nel tempo si può ricordare il capolavoro di Bresson, Un condannato a morte è fuggito, L'uomo di Alcatraz di John Frankenheimer, per poi proseguire con Papillon di Franklin Shaffner e Fuga da Alcatraz di Don Siegel. In queste pellicole, ad eccezione del film di Frankenheimer, il nucleo centrale del racconto era costituito dallo studio delle varie possibilità di trovare una via di fuga: l'evasione era dunque lo scopo ultimo del carcerato ed intorno ad essa si costruiva l'intero film. Procedimento simile viene applicato anche per la recente serie televisiva Prison Break, dove un uomo si fa tatuare una mappa della prigione per potere evadere insieme al fratello. Niente di tutto questo succede all'Oswald State Penitentiary, ovvero Oswald, penitenziario di massima sicurezza, ribattezzato Oz – da cui il titolo della serie – dal personale e dai secondini. Da qui non si scappa, non c'è miraggio di libertà, ma solo il continuo tentativo di sopravvivere in un ambiente dove la vita è a rischio quotidianamente. Realizzato tra il 1997 e il
Caratteristica predominante di questo telefilm, dal punto di vista squisitamente visivo, è quella di essere girato completamente in interni, ad esclusione di brevissimi flashback dove viene mostrata la sequenza del crimine che ha portato il detenuto in carcere. Lo spazio dell'inquadratura viene quindi ridotto ai minimi termini, infondendo allo sguardo una sensazione di "claustrofobia dell'immagine", dove l'occhio umano (e quello della mdp) non trova una via d'uscita, trovandosi anch'esso intrappolato nel reticolo carcerario. In tal modo viene a crearsi, tra lo spettatore ed i protagonisti delle vicende narrate, una sorta di empatia viscerale: la mdp infatti è costantemente incollata ai corpi ed ai volti dei detenuti – e del personale del carcere – seguendoli passo dopo passo, filmandone gesti e movimenti. Ma non è questa, la sola caratteristica a rendere Oz uno dei telefilm più interessanti degli ultimi anni. All'interno del carcere viene a crearsi una sorte di "Babele contemporanea": i detenuti del "paradiso" (che sta ad indicare il quinto braccio della prigione, dove sono rinchiusi i criminali più pericolosi) sono suddivisi per gruppi, etnie e credo religiosi. Latinos, Ariani, Zombie, Musulmani, Siciliani, Gay, Irlandesi, Africani, vengono a trovarsi tutti nel medesimo spazio scenico dando l'impressione di trovarsi in un luogo "neutro", dove i confini geografici e culturali sembrano annullarsi (tesi rafforzata anche dal fatto che non viene mai svelato il nome della città in cui ha sede il carcere) dando origine appunto ad una zona franca priva di linee di confine culturali, ambientali, etniche e religiose, come se l'intero mondo fosse compres(s)o tra quelle mura. A rendere implosivi gli accadimenti che si susseguono ad Oz, si aggiungono i conflitti interiori che periodicamente si manifestano ai protagonisti: l'imam musulmano che si innamora di una donna bianca, la suora che è attratta da un galeotto, lo psicopatico che riscopre le proprie origini africane. Tali situazioni contribuiscono a saturare l'atmosfera del carcere, rendendola praticamente irrespirabile ed aumentando esponenzialmente il senso di claustrofobia avvolgente che traspare da ogni inquadratura di questa magnifica serie televisiva.
e' una serie fantastica!!!!!!l ho rivista migliaia di volte..peccato che le ultime due serie in italia non escano ..vederla in streaming con i sottotitoli non e' proprio la stessa cosa….