TELEFILM – Quel che resta di Lost
Certo, di Lost ce n'è uno solo, ma bisogna guardare in faccia la realtà: il tanto atteso epilogo sta per arrivare e presto diventeremo orfani di una delle serie più ricche e complesse della storia della tv. Per sopportare meglio il dolore dell'addio allora, non resta che pensare a quello che le vicende dei nostri amati naufraghi ci hanno lasciato… Un'anticipazione dal numero di aprile di TelefilmMagazine
di Chiara Gera
Era l'ormai lontano 2004 quando gli Stati Uniti hanno fatto per la prima volta la conoscenza di Jack e compagni. L'anno successivo i superstiti del volo 815 hanno varcato i confini italiani, prima su Fox e poi, nel 2006, su Rai Due. Da quel momento la nostra vita non è stata più la stessa e cospirazioni, visioni inquietanti, numeri ripetuti ossessivamente e pericoli di ogni sorta hanno cominciato ad animare le nostre serate, mentre nelle nostre teste hanno iniziato a frullare le più strambe teorie, tutte volte a trovare una spiegazione plausibile a quello che stava accadendo sull'Isola… È l'effetto Lost: una volta fatta la conoscenza degli sfortunati naufraghi non se ne può più fare a meno e veniamo letteralmente assorbiti nella storia, incapaci di perderci anche una sola puntata e condannati ad esclamare uno sconsolato “noooo!” alla vista della crudele schermata nera che arriva improvvisa a concludere ogni episodio.
Tra cinema e tv
Ma cosa rende Lost un fuoriclasse? Perché, se esistono fan di ogni telefilm, solo con Lost si può parlare di vera e propria ossessione? Eppure l'idea di partenza non era così originale (di naufraghi, da Robinson Crusoe a Survivors e Isola dei famosi, ne è pieno il mondo) e le garanzie di successo di una serie in cui un gruppo di persone si trovavano intrappolate su un'isola senza possibilità di interagire con l'esterno non sembravano poi molte, anche nella prospettiva dei possibili sviluppi futuri. Eppure J.J. Abrams ed il suo team, composto dalla premiata ditta Damon Lindelof e Carlton Cuse, hanno da subito puntato molto sulla serie: lo dimostra il faraonico budget (12 milioni di dollari per l'esattezza) utilizzato per girare lo spettacolare pilot. Un vero aereo messo in scena, immagini di delirio al seguito della catastrofe, persone risucchiate dal motore ancora in movimento e una ragazza, Kate, che ricuciva (letteralmente!) le ferite di un certo dottor Shepherd… Sono bastate poche immagini per farci capire che quello che ci trovavamo davanti era qualcosa di più di un semplice telefilm, capace di rapirci, oltre che per la trama, anche per la magistrale regia e per il taglio spiccatamente e squisitamente cinematografico. Marche stilistiche forti (ne è un esempio l'uso dei classici primissimi piani dell'occhio che si spalanca), fotografia curatissima, ritmo serrato e largo impiego di piani sequenza, soggettive e camera a mano, sono solo alcuni elementi che avvicinano Lost alla Settima Arte, anche se quello che distingue maggiormente il telefilm dalle altre serie tv è il suo modello narrativo unico, basato sul flash back (tecnica, tra l'altro, tipicamente cinematografica). Ma non è tutto: grazie alla sua straordinaria capacità di reinventarsi, nel corso delle sei stagioni Lost ha sostituito il flash back al flash forward ed infine, per cambiare ancora una volta la prospettiva, ha introdotto in questo ultimo ciclo i controversi flash sideways, scampoli di una realtà parallela che non fanno altro che mettere in luce nuovi aspetti della già complessa psicologia dei nostri amati personaggi…
Uno, nessuno, centomila
La grande forza di Lost, al di là dell'articolata struttura narrativa e della geniale sceneggiatura, sta proprio nei suoi protagonisti. In un panorama telefilmico fatto principalmente di singoli protagonisti o piccoli gruppetti
(che siano geniali dottori o un quartetto di casalinghe disperate…) ha messo in scena una serie corale, dove “tutti sono utili, nessuno è indispensabile”. Più che veri e propri personaggi, i protagonisti di Lost sono delle “storie”, preziosi fino a che hanno qualcosa da raccontare, ma assolutamente sostituibili, vedasi la commovente uscita di scena di Charlie per credere. Il fortunatissimo meccanismo “ad incastro”, vero e proprio marchio di fabbrica di Lost, ci permette di svolgere un ruolo estremamente attivo nella visione (e non a caso fioccano forum e siti dedicati ai mitici naufraghi): sta a noi riempire gli spazi lasciati vuoti, interpretare le azioni dei nostri eroi, alla luce di quanto abbiamo appreso sulla loro psiche grazie alle sempre illuminanti puntate loro dedicate, ed incastrare di volta in volta i piccoli tasselli che ci vengono forniti. Qualità cinematografica, meccanismo narrativo “a puzzle” tanto complesso quanto gratificante per lo spettatore, marcata introspezione psicologica dei personaggi e tematiche forti che vanno dalla fantascienza alla filosofia: sono questi gli ingredienti che hanno fatto delle vicende dei nostri naufraghi qualcosa che ha saputo cambiare per sempre il modo di fare tv. Di sicuro l'insegnamento non andrà perduto: sono tanti i telefilm, da FlashForward a Fringe, passando per Dollhouse o V, che in questi anni hanno fatto tesoro della lezione di Lost e hanno saputo sfruttare e valorizzare alcuni dei suoi aspetti più caratteristici. Certo, nessuno di questi "allievi" è in grado di avvicinarsi alla straordinaria complessità del "maestro", ma tutti sono riusciti a cogliere almeno qualcuna delle magie dell'Isola…
A cura di www.telefilmmagazine.com