"Terapia d'urto", di Peter Segal
In questa commedia sul "doppio" non riposa solo la volontà di intraprendere un difficile confronto con la tradizione; piuttosto si ha come l'impressione che il film si trovi a godere i benefici di una sceneggiatura sfilacciata e di una regia e ordinaria che, in altre occasioni, avrebbero dovuto penalizzarlo

Cosa accade se lo psicologo incaricato di assistere un paziente affetto da crisi d'ira è a dir poco invadente e irascibile? Probabilmente nulla se nei rispettivi ruoli del terapeuta e dell'assistito non vi fossero Jack Nicholson e Adam Sandler: inedita coppia comica del cinema americano, strano binomio di raffreddata follia ed eccentrica normalità. Perché, in fin dei conti, la verve di Terapia d'urto di Peter Segal nasce proprio da questo paradosso, quasi un ossimoro narrativo che si nutre della costante inversione delle caratteristiche psicologiche dei due protagonisti producendo la più classica, semplice ed efficace comicità cinematografica: quella che unisce e lega inscindibilmente gli opposti, forza di attrazione e repulsione che regola l'inevitabile magnetismo generato da due corpi in apparente collisione. Una legge dei "contrari" che ha governato, con rare eccezioni, la tradizione della commedia americana e non solo, da sempre tempestata di grandi capolavori letteralmente "cuciti addosso" e ricamati sullo scontro fisico e verbale fra grandi coppie di attori.
Una identità, quasi un marchio di fabbrica, costruita su una differenza che in Terapia d'urto si arricchisce e connota di sfumature che oltrepassano la linearità del testo filmico e diventano questione di stile e personalità attoriale, quasi un inventario di smorfie, espressioni, acrobazie del viso e dello sguardo di due grandi interpreti e del loro personalissimo modo di abitare il set. Ma in questo abecedaire, nel senso più deleuziano del termine, della commedia del "due" e del "doppio" non riposa solo la volontà di intraprendere un difficile confronto con la tradizione, piuttosto si ha come l'impressione che il film si trovi a godere i benefici di una sceneggiatura sfilacciata e slabbrata e di una regia ordinata e ordinaria che, in altre occasioni, avrebbero dovuto penalizzarlo. Un altro felice e probabilmente inconsapevole paradosso che funziona come tecnica di liberazione di corpi chiamati a riempire i buchi e le pause narrative con i loro eccessi o con la loro semplice ed icastica presenza, con brevi apparizioni – vedi i numerosi "camei" del film – che affermano il primato dell'istante sulla durata, della fisicità sulla scrittura, del frammento sul tutto.
Titolo originale: Anger Management
Regia: Peter Segal
Sceneggiatura: David Dorfman
Fotografia: David McAlpine
Montaggio: Jeff Gourson
Musica: Teddy Castellucci
Scenografia: Alan Au
Costumi: Elen Lutter.
Interpreti: Adam Sandler (Dave Buznik), Jack Nicholson (dr. Buddy Rydell), Marisa Tomei (Linda), Luis Guzmán (Lou), Jonathan Loughran (Nate), Kurt Fuller (Frank Head), Krista Allen (Stacy), January Jones (Gina), John Turturro (Chuck), Lynne Thigpen (giudice Honora Daniels), Woody Harrelson (Galaxia/Garry la guardia), Kevin Nealon (Sam)
Produzione: Barry Bernardi, Jack Giarraputo per Happy Madison/Jack Giarraputo Productions/Revolution Studios
Distribuzione: Columbia Tristar Films Italia
Durata: 106'
Origine: Stati Uniti, 2003
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