"Terrore alla tredicesima ora", di Francis Ford Coppola

DEMENTIA 13 Francis Ford Coppola Roger Corman
L’esordio di Francis Ford Coppola è fortuito ma è già animato da ambizioni titaniche. E’ sospeso tra il suo incontenibile ed innovativo narcisismo autoriale e le esigenze di Roger Corman, che gli aveva affidato un thriller a basso costo da vendere come spin-off di Psycho. Il regista cerca di dare vita allo spazio soffocante del castello attraverso l’uso delle inquadrature e delle luci; il produttore ha bisogno di nudi, azione e teste che rotolano… Il suo primo film è già una profezia sulla sua ascesa/discesa professionale. Mercoledi 16 marzo, Arezzo – Cinema Eden, Rassegna Lost&Found

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DEMENTIA 13 Francis Ford Coppola Roger CormanQuando Roger decise di non fare la regia del secondo film andai da lui e gli dissi “Lo farò io. Lasciami soltanto prendere la macchina da presa, un po’ di attrezzature, qualcuno della troupe, e farò un thriller psicologico a basso costo”. Andai immediatamente a casa, e quella sera, dopo le riprese, scrissi la scena madre – la sequenza di un omicidio con la scure, alla Hitchcock – e gliela portai. Lui me la restituì con qualche modifica e disse: “Va bene. Se riesci a scrivere il resto della sceneggiatura ti darò 20.000 dollari per farlo”.

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(Francis Ford Coppola in Come ho fatto cento film a Hollywood senza mai perdere un dollaro di Roger Corman e Jim Jerome, Lindau)

Nella storia del cinema, c’è stata un’epoca d’oro in cui Roger Corman riusciva a fare un film in una settimana. A quei tempi, l’elasticità del suo metodo di lavoro permetteva una casualità come questa: dopo aver chiuso un film, il regista chiedeva ad un membro della troupe di farne un altro con i soldi che erano rimasti. Dementia 13 venne progettato con un budget di ventiduemila dollari, la cifra che Roger Corman era riuscito a risparmiare dopo The Young Racers: in quell’occasione, il cineasta era impegnato nello splendido L’uomo dagli occhi a raggi X, chiamò il tecnico del suono che era rimasto in Irlanda per la post-produzione del suo film sulle corse e gli chiese di girarne un altro che potesse funzionare come spin-off di Psycho di Alfred Hitchcock. Le circostanze che portarono Francis Ford Coppola dietro la macchina da presa furono più o meno queste. Quello che pochi anni dopo sarebbe diventato il regista de Il padrino e il titanico capo dell’American Zoetrope dimostrò subito di avere una personalità difficile da contenere: Roger Corman era sempre pronto a dare una chance a chiunque la meritasse, ma era assai meno disponibile a concedere deroghe al preventivo che aveva stabilito. Anche in una piccola produzione come Dementia 13, l’attitudine di Francis Ford Coppola si presentò in forma prepotente: doveva diventare il suo film. Come ogni altro prodotto della factory, anche questo sorprende per il modo in cui l’abilità della troupe riesce a mascherare le imposizioni delle spese limitate: i tempi di produzione e le rigide regole di mercato imponevano a tutti non solo di prendere la decisione migliore, ma anche la più rapida ed economica. Il talento di Francis Ford Coppola ne viene esaltato, in una felice commistione di consapevolezza ed audacia. Il modello hitchockiano è il punto di partenza su cui il regista ha modellato tutto il film: una morbosa attenzione alle relazioni familiari, un personaggio che trattiene un latente complesso psicoanalitico, le sequenze sempre più esplicite ed improvvise in cui l’omicida da sfogo ai suoi raptus. C’è anche una piena corrispondenza nei personaggi, che denota come il suo amore e la sua devozione per il classicismo si manifestino soprattutto in fase di scrittura: l’avida e conturbante Luana Anders sembra al centro del film DEMENTIA 13 Francis Ford Coppola Roger Cormanproprio come lo è Janet Leigh, almeno fino a quando le esigenze della suspense non la costringono ad abbandonarlo; il cacciatore che casualmente scopre il terribile segreto nascosto dietro la ricca e decadente famiglia Haloran incarna la stessa funzione drammaturgica del detective Martin Balsam. Tuttavia, il carattere gotico dell’ambientazione richiama soprattutto il precedente lavoro di Roger Corman sulla scenografia onirica de I vivi e i morti: i corridoi e il costante senso di morte diventano uno spazio mentale asfissiante e trasfigurato, proprio come accade nell'efficace decor utilizzato per tutti i film del lungo ciclo su Edgar Allan Poe. A differenza degli adattamenti letterari firmati da Richard Matheson, l’opera di Francis Ford Coppola è talmente minimale che non può affidarsi nemmeno ai benefici del Technicolor e di un attore come Vincent Price. L’esordiente deve già dimostrare di essere in grado di costruire l’atmosfera con la sola arma del taglio decentrato e grandangolare dell’inquadratura o della contrastata disposizione delle luci. Il regista fa capire chiaramente che la sfida non è solo un esercizio di tempo cinematografico: lo spazio del castello medioevale in cui si ritrovano i personaggi contemporanei non è mai visto o controllato da nessuno di essi: tutti lo soffrono, proprio come la pesante e malata aria della dimora degli Usher. E’ un’attenzione tanto evidente che Roger Corman è stato costretto a vivacizzare il film in moviola, altrimenti costruito soltanto sulle ambigue relazioni tra i personaggi e l’ambiente che li circonda: dopotutto, è impossibile vendere un horror senza qualche colpo d’accetta o qualche testa che rotola…


 

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