Tetsuo II: Body Hammer, di Shinya Tsukamoto
Ancor più del primo film, trasfigura il corpo-mutante del salaryman nel segno di una società in frantumi, incapace di rispondere, all’indomani dell’esplosione della bolla, alle esigenze dei cittadini

Se dovessimo indicare un elemento ossessivamente ricorrente nel primissimo cinema di Tsukamoto, deputato a plasmare le vite dei personaggi ponendoli in una posizione subalterna e schiacciante nei confronti della società, molto probabilmente faremmo riferimmo alla città di Tokyo, e in particolar modo, al concetto di metropoli rappresentato dalla capitale del Giappone agli albori degli anni Novanta. La megalopoli nipponica si pone come crocevia delle riflessioni che il regista veicola nei film realizzati nel periodo della Lost Decade, donando ai vari discorsi una dimensione chiara, materica: quasi fosse un referente fisico attraverso cui diventa possibile rappresentare visivamente non solo le mutazioni corporee esperite dai personaggi, ma anche i loro conflitti interiori, resi manifesti dalla continua sovrapposizione tra i corpi dei cittadini-vittime e le costruzioni in cemento disseminate ovunque nello spazio urbano, e che fungono da gabbia per il salaryman-in-trasformazione. Una visione opprimente che in Tetsuo II: Body Hammer trova la sua materializzazione più diabolica. Anche perché l’opera terza del maestro, come fosse una cartina tornasole del periodo storico-culturale in cui è stata concepita, ha visto la luce proprio all’indomani della (tragica) esplosione della bolla economica.
Per un autore così attento alle “trasformazioni” socio-economiche del suo paese, la fine della bubble economy non può che segnare un punto di non ritorno per i protagonisti di Tetsuo, e per la quotidianità di coloro che subiranno gli effetti di questa implosione. Tanto che l’uomo contemporaneo, specialmente quello che somatizza sulla sua “fisicità ordinaria” i cambiamenti del proprio contesto di appartenenza – vale a dire il classico salaryman – è costretto ora ad esistere in una condizione di subalternità nei confronti dello stato e della società, che contribuisce fisicamente ad assoggettare i corpi (organici) delle persone al cemento (inorganico) della metropoli, in un’azione di desoggettivazione dell’individuo, il cui organismo cederà progressivamente alla contaminazione con il solo elemento che gli permetterà di trascendere la finitezza della carne: il metallo. Tutto questo viene qui reso sullo schermo da Tsukamoto con una potenza immaginativa e figurativa dirompente, visibile già nelle sequenze introduttive di Tetsuo II: Body Hammer: con il film che sembra configurarsi, sin dalle sue primissime inquadrature, come il manifesto programmatico dell’ingabbiamento dell’uomo nella megalopoli odierna, destinata – almeno nelle fantasie più recondite delle vittime – ad essere frantumata, non appena il cittadino comune giapponese porterà a termine la propria metamorfosi in un essere biomeccanico – e quindi post-umano.
Se nell’incipit di Tetsuo II: Body Hammer si assiste alla supremazia del corpo cibernetico di Yatsu (a cui presta il volto, non a caso, lo stesso regista) impossibile da eguagliare per un fisico fatto di sole componenti organiche come quello di un (disperato) salaryman, è nella scena immediatamente successiva che Tsukamoto rende manifeste con un’immediatezza spiazzante tutte le riflessioni su cui fonda il film. Qui Taniguchi (Tomorowo Taguchi) si sveglia in preda al panico, dopo aver “sognato” l’omicidio appena commesso dal temibile uomo-macchina con cui si confronterà a momenti. Lo vediamo irrorato di sudore, mentre la moglie cerca invano di confortarlo. A differenza del dipendente salariato dell’opera capostipite, ora il protagonista è il testimone naturale di quell’idea di famiglia nucleare alla base della società nipponica che, alla luce delle trasfigurazioni del periodo post-bolla, entrerà progressivamente in frantumazione. Ed ecco che l’uomo, non appena metterà piede in un enorme centro commerciale, non solo sarà travolto dal gigantismo architettonico che lo circonda – e lo soffoca, annullandone la soggettività – ma si vedrà privato della presenza del figlio, sequestrato più volte da alcuni scagnozzi di Yatsu, con l’obiettivo di scatenare nell’uomo quella rabbia (di natura sociale) che lo porterà ad abbandonare il corpo “inadeguato” del salaryman, per assorbire la perfezione analogica della macchina. Vale a dire il solo stato corporeo che gli permetterà di superare i vincoli biologici, e di frantumare idealmente la città di cemento e vetro.
Questo contrasto tra l’incapacità dell’uomo comune di affrontare la realtà e la potenza distruttiva acquisita dal corpo in seguito alla mutazione in essere-cyborg, è reso da Tsukamoto anche a un livello puramente visivo, attraverso la sovrapposizione delle sfumature cromatiche del blu metallico (simboleggianti l’oppressione della città nei confronti dell’uomo) a colori più caldi, virati sul rosso tiepido ogni qualvolta Taniguchi dispiega le potenzialità militariste del suo corpo-macchina per rivendicare il controllo sulla propria corporeità (e, di conseguenza, sulla sua esistenza de-soggettivata). Ed è in una cornice simile che Tetsuo II: Body Hammer, seguendo una metodologia forse anche più esplicita di quella vista nel film originario, trasfigura i fisici-in-divenire dei suoi protagonisti in simboli di una critica sociale tragicamente nichilista. Anche perché la recessione economica nata dall’esplosione della bolla non lascia spazio, nel 1992, all’avvento di un pensiero veramente positivista.
Se ci pensiamo, mentre il finale dell’opera prima di Tsukamoto non ci propone una visione chiara del destino dell’uomo, l’epilogo di Tetsuo II: Body Hammer offre il fianco ad interpretazioni quasi lapidarie: l’essere umano organico, sembrerebbe suggerire il regista, può trascorrere un’esistenza felice insieme alla propria famiglia solamente in una dimensione onirica, fantasmatica, poiché nel mondo reale egli è stato definitivamente sconfitto da un ambiente che annulla qualsiasi manifestazione di soggettività (il solo a trovare un posto nel mondo, infatti, è l’uomo-macchina). Il corpo-cyborg, allora, si configura quale l’ultimo baluardo contro l’azione deumanizzante della megalopoli, dal momento che somatizza i cambiamenti della società in cui è condannato a muoversi, senza mai lasciarsi neutralizzare dalle sue spire diaboliche. Diversamente da quel che accade al cittadino organico, fatto di carne ed ossa e destinato, in piena Lost Decade, a soccombere ai richiami narcotizzanti di un paese sul viale della recessione.
Titolo originale: 鉄男II Body Hammer
Regia: Shinya Tsukamoto
Interpreti: Tomorowo Taguchi, Shinya Tsukamoto, Nobu Kanaoka, Kim Soo-jin, Hideaki Tezuka, Tomoo Asada, Iwata, Keinosuke Tomioka, Torauemon Utazawa
Distribuzione: Cat People Distribuzione
Durata: 81′
Origine: Giappone, 1992