#TFF34 – Las Lindas, di Melisa Liebenthal

Las Lindas riflette, attraverso ricordi personali sulla crescita, arrivando a toccare questioni più universali. Ma l’argomento trattato non viene approfondito né affrontato in modo nuovo. In concorso

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Las Lindas (le belle ragazze) è il primo film della regista argentina Melisa Liebenthal, classe 1991. Scritto e diretto da lei, il film (Premio per la Miglior Regia al festival di Buenos Aires e  Premio Stella Nascente a quello di Rotterdam) è realizzato con riprese amatoriali fatte per lo più allo storico gruppo di amiche d’infanzia della regista. Ripercorrendo i ricordi tramite le foto e i video di quando erano bambine, Melisa discute con le amiche, insieme  fanno affiorare i ricordi e così riflettono sulla crescita e sul cambiamento del loro corpo. Progressivamente tramite le immagini del passato e i racconti delle amiche, le vediamo cambiare negli anni, diventare donne, commentare ridendo i propri difetti fisici, ricordare i primi baci coi ragazzi.

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lindaA riprendere è Melisa stessa che vediamo rarissime volte dietro la macchina da presa e più spesso nelle foto invece, sorridente da piccola e sempre più imbronciata crescendo, come la maggior parte degli adolescenti. Il fatto che si mostri così poco nel film è indicativo. Lei non è come le sue amiche, è più robusta, ha un viso mascolino, e una voce che fa si che tutti la scambino per maschio al telefono. E quindi si passa dal ricordo personale al discorso più ampio che riguarda le convenzioni. Cosa definisce veramente la femminilità? Sono gli apprezzamenti degli uomini a deciderla oppure siamo noi? E riguardo alla nostra identità di donne, che si forma negli anni a fatica,  sono di nuovo i ragazzi con i loro apprezzamenti a deciderla o no? Da qui la Liebenthal si avvale anche di altre immagini, le ricerche storiche su internet, le statue greche e le loro forme morbide, fino ad arrivare alla magrezza e alle donne nelle pubblicità sempre sorridenti e in piena forma. “Sono solo tre peli sulla pancia. Non dovrebbero essere un problema. Potrei lasciarli lì ma continuerei a pensarci”. Chi ha deciso ad un certo punto che i peli sul corpo femminile non rispondevano ad un ideale estetico? Ed ecco che compare Sophia Loren, stesa e col braccio alzato, e quei peli lunghi sotto le ascelle.
las-lindasDovremmo essere noi a decidere come essere, come ci vediamo e vogliamo che ci vedano dall’esterno. Ma anche nel vederci sorgono mille domande. Lo specchio già prima dell’obbiettivo fotografico o della macchina da presa è una strana percezione che chissà se ci riflette davvero. E tutto questo, oltre alla crescita in sé e a tutto quello che comporta, pesa davvero, e sembra pesare di più nell’epoca dell’immagine e delle immagini

Partendo da una storia privata la regista argentina ragiona su temi universali, trattati però in modo semplicistico e privati di un forte sguardo sul mondo. 
Il piano autobiografico risulta man mano troppo invadente, sconfinando nei temi trattati. Sicuramente ci si identifica nei giochi fatti da piccole o nelle prime attrazioni verso l’oggetto amoroso (che è inevitabile e anche bello che contribuisca a definirci), ma il film di Melisa Liebenthal è troppo fragile e non riesce mai a farci sentire ciò che vuole dire.

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