#TFF36 – Juliet, Naked, di Jesse Peretz

Juliet, Nacked riesce a tenere in perfetto equilibrio, la commedia inglese e quella americana, le trovate comiche con le riflessioni esistenziali, i sogni con i rimpianti, l’arte con la vita.

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Annie (Rose Byrne) ha rinunciato ai suoi sogni subito dopo l’università quando, a causa della malattia di suo padre, è tornata a vivere nella sua città natale, proseguendo il lavoro del genitore nel locale museo e stabilendo una relazione (più razionale che passionale) con un docente di college, Duncan (Chris O’Dowd), fissato per il musicista Tucker Crowe (Ethan Hawke), scomparso dalle scene dopo aver realizzato un unico album. Oggi, dopo quindici anni, Annie si sente intrappolata in questa relazione ed in questa vita. La scoperta del primo demo dell’unico album del musicista crea una prima, strumentale, rottura fra i due ma permette ad Annie di entrare in contatto proprio con Tucker Crowe. Questo incontro le darà il coraggio per rimettere in discussione scelte che sembravano definitive e di provare ad afferrare una seconda chance di felicità nella sua vita.

Juliet, Naked è tante cose contemporaneamente: prima di tutto potrebbe essere “Giovani, carini e disoccupati” trent’anni dopo per il personaggio di Ethan Hawke (Troy allora, Tucker Crowe adesso): la rapida fine delle (seppur promettenti) aspirazioni artistiche, costrette a fare i conti con la vita reale.

Oppure potrebbe essere una riflessione, tutt’altro che banale benchè in forma di commedia, sulle scelte della vita: quelle prese, ma soprattutto quelle non prese, che tornano, prima o poi a chiedere il conto.

Ancora, e non ultimo, è una riflessione sull’arte e su come possa esserci un’interpretazione diametralmente opposta fra l’artista e il suo fruitore. Ci sono due bellissimi momenti in cui questo tema viene esplicitamente affrontato: in uno Duncan (il fan) rinfaccia all’artista stesso di non essere in grado di capire il vero valore della propria arte (“forse perchè ti riesce così facile realizzarla” dice), soltanto il fruitore può comprendere il vero valore dell’arte, e nessuno può mettere in discussione quello che ha (personalmente) per ognuno di noi. In un altro momento Tucker spiega ad Annie che lui è scomparso dalle scene perchè non si è più sentito adeguato a cantare ancora stupide canzoni d’amore, visto che la vita vera, con la nascita della sua prima figlia, era andata ormai da un’altra parte.

Juliet, Naked è tante cose, ed è anche un piccolo miracolo, perchè riesce a riunire in una sola pellicola: la scrittura di Nick Hornby, con la sua capacità di delineare personaggi sempre realistici ed al tempo stesso toccanti (il film è, infatti, la trasposizione dell’omonimo romanzo del 2009, uscito da noi con il titolo “Tutta un’altra musica“); la commedia inglese e quella americana (con Judd Apatow tra i produttori), creando un originale mélange fra situazioni comiche e riflessioni esistenziali; una buona rappresentazione di una certa musica indipendente degli anni ’90 e dei suoi ossessivi fan cinquantenni di oggi, forse perchè dietro la macchina da prese c’è Jesse Peretz che è stato uno dei fondatori proprio di una rock band molto nota allora: i Lemonheads il cui leader, Evan Dando, potrebbe benissimo essere il canovaccio su cui Hornby ha disegnato Tucker Crowe, anche se lui ha avuto una carriera più lunga ed una vita più turbolenta.

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