#TFF37 – Guns Akimbo, di Jason Lei Howden

Un tuffo a velocità raddoppiata nella realtà virtuale, una lotta furibonda per la sopravvivenza. L’action distopico di Howden analizza (e deride) la società, le relazioni e il mondo dei social di oggi

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Come ci comporteremmo se un giorno ci svegliassimo con delle pistole imbullonate alle mani e ci obbligassero a combattere contro una pericolosa assassina per sopravvivere?

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Per assurdo, è proprio ciò che accade a Miles (Daniel Radcliffe), giovane programmatore di videogiochi, non violento e segretamente innamorato della sua ex Nova (Natasha Liu Bordizzo). Infastidito da alcuni sui commenti online, il perfido Riktor (Ned Dennehy), capo dell’organizzazione clandestina Skizm che intrattiene gli squilibrati spettatori dei social network con uccisioni in mondovisione tra concorrenti criminali, lo trasforma in una macchina da combattimento umana. Riuscirà il ragazzo ad affrontare l’invincibile e leggendaria Nix (Samara Weaving)?

Una rocambolesca corsa verso la salvezza, una fuga continua dalle proprie responsabilità, un percorso di crescita che rende il protagonista consapevole dei propri mezzi, infondendogli coraggio e autostima. Il rifiuto della violenza si trasforma pian piano in un godimento macabro, divertente e puramente spettacolare.

Sono questi i punti di forza del secondo lungometraggio scritto e diretto da Jason Lei Howden (che ha esordito alla regia con la commedia horror del 2015 Deathgasm), Guns Akimbo, action distopico presentato al Toronto International Film Festival e successivamente proposto nella sezione After Hours del TFF 37.

In questo divertissement dalle inquadrature audaci la macchina da presa viene impugnata in maniera estremamente mobile (è sempre in movimento, al fianco del protagonista), creando il ritmo e il mood giusti, anche grazie all’aiuto della componente musicale adrenalinica e al montaggio a tratti psichedelico. La violenza estremizzata non disturba troppo lo spettatore, in quanto rimane fine a se stessa e viene resa innocua dall’eccessiva rappresentazione caricaturale, di stampo tarantiniano. Evidenti i richiami a opere precedenti che affrontano la tematica della violenza in diretta, di chiara ispirazione per il regista, da L’implacabile (1987) di Paul Michael Glaser a Terminator (1984) di James Cameron, da Hunger Games (2012) di Gary Ross al recente Ready Player One (2018) di Steven Spielberg.

Una scanzonata critica agli effetti estremizzati dell’iperconnessione, un’analisi cruda del cyberbullismo e della disumanizzazione nella realtà virtuale, esaltata da una recitazione brillante e da una regia scoppiettante, ricca di effetti speciali; si risente infatti dei precedenti lavori del cineasta neozelandese nei visual effects di grandi produzioni quali The Avengers e la trilogia de Lo Hobbit).

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