#TFF37 -Lucus a Lucendo – A proposito di Carlo Levi, di Alessandra Lancellotti, Enrico Masi

Un’esperienza sensoriale e visiva che racconta l’immensa eredità dell’uomo e dell’intellettuale torinese nel corso del Novecento e nel nostro presente

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L’esplorazione dello spazio come luogo di passaggio in cui è possibile lasciare e riscoprire tracce, segni di un percorso che è entrato silenzioso nella cultura italiana e ha dato voce a chi, fino a quel momento, aveva vissuto fuori dal tempo e dalla Storia. Perché Cristo si è fermato a Eboli, e con i lui i diritti di tutta un’umanità che ha saputo ingegnarsi e affrontare con dignità una condizione di estrema povertà. L’eredità, in termini culturali, artistici e sociali che Carlo Levi ha piantato nel corso del Novecento e che dà i suoi frutti ancora oggi, nel nostro presente, ha un valore unico e immenso.

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Il documentario di Alessandra Lancellotti ed Enrico Masi si pone come punto di ricerca per delineare le tante traiettorie attraversate dalla sensibilità leviana: da Torino, città che l’ha visto nascere all’interno di una famiglia agiata di origini ebraiche; e dove ha maturato un impegno politico al fianco di figure preminenti dell’antifascismo – fondamentale l’incontro con Gobetti, Gramsci, i fratelli Rosselli. A Parigi, nei suoi ripetuti soggiorni, che gli permettono di rafforzare la sua posizione di intellettuale dissidente ma anche di entrarein contatto con l’arte di Modigliani e di iniziare così un percorso personale di maturazione stilistica. E poi Roma, che accoglie l’esposizione delle sue opere; e il periodo del confino in un Sud, la Lucania, testimone passivo dell’esistenza di un mondo arcaico nella civiltà moderna.

A dar corpo a questa storia che in realtà ne racchiude molte è Stefano Levi Della Torre, pittore nipote e allievo dell’intellettuale torinese, che ripercorre i luoghi simbolo di Levi con la sua presenza fisica e artistica, provando cioè a tradurre sulla superficie della tela ciò che suo zio è stato e ha rappresentato. Ad accompagnarlo Carlo Ginzburg, l’anima più razionale e critica, e la stessa regista, presenza in campo che interroga i suoi interlocutori in un dialogo invece molto personale che si appiglia a suggestioni e curiosità. Così la narrazione procede per assonanze, legami personali, echi di una memoria fissata nelle immagini d’archivio: rivediamo Matera, in fondo mai cambiata, immaginiamo l’arrivo della sorella di Levi in quella città, come descritto nel romanzo; anche lei medico, che porta un po’ di scienza in una terra di riti antichi e magiche superstizioni. Scopriamo nei volti delle persone impressi in una mastodontica opera d’arte densa di spiritualità come Lucania 61 i volti dei pastori di oggi, che continuano la tradizione contadina fieri del loro passato. E ci accorgiamo di quanto lo sguardo emotivo e involontariamente antropologico dell’intellettuale abbia sollevato dalla polvere questioni di estrema attualità. Lucus a Lucendo, espressione derivata da Levi per raccontare il paesaggio che si staglia davanti ai suoi occhi all’arrivo ad Aliano – un bosco e una vegetazione talmente fitti che la luce penetra a fatica – è un’esperienza sensoriale e visiva, che tratta la materia con un linguaggio intimo, sedimentato per avvicinarsi alla conoscenza di un uomo e, di rimando, alla nostra identità civile e culturale.

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