#TFF38 – Un soupçon d’amour. Incontro con Paul Vecchiali

Il novantenne cineasta francese ha presentato il suo nuovo film che rilegge in chiave moderna l’Andromaca di Racine e che è dedicato a Douglas Sirk. Nella sezione Tracce di Teatro al #TFF38

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Novant’anni e una ventina di film alle spalle, Paul Vecchiali porta al Torino Film Festival, fuori concorso nella sezione Tracce di Teatro, il suo ultimo lavoro, Un soupçon d’amour. Un titolo programmatico che anticipa le atmosfere di ambiguità e sospetto e l’affezione al melodramma del regista corso, che rilegge in chiave moderna l’Andromaca di Racine, rendendola allegoria della vita della protagonista. Il risultato è un film spazio-temporale, come lo ha definito lo stesso autore durante l’incontro a lui dedicato, dove passato, presente e immaginazione sono indistinguibili. “E’ un film pieno di segreti: la scena in cui Geneviève deve raggiungere l’amica e il prete al bar ma trova solo due sedie, insinua il dubbio che possa essere frutto della sua immaginazione, potrebbe non essere reale”.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Un film sulla tragedia del tempo e il lavorìo del dolore, che mette in scena i temi più cari al cineasta: ricordi, relazioni umane e fede. Dichiaratamente dedicato al maestro Douglas Sirk, Vecchiali ha detto di essersi ispirato soprattutto a Lo specchio della vita (1959) nella costruzione dei personaggi femminili. In particolar modo per quello della protagonista Marianne Blaser, senza la quale, stando alle parole del regista, il film non avrebbe mai preso forma: “E’ stata fondamentale per la riuscita del film. Se avesse rifiutato, non l’avrei mai fatto”. Ma tra le tracce del cinema del passato disseminate in Un soupçon d’amour, Vecchiali rivela anche i riferimenti sottesi al suo Femmes Femmes, che suscitò l’interesse di Pasolini alla Mostra di Venezia del 1974, e una fascinazione per il musical che si riassume nel balletto ripreso nell’ultima scena. La follia di Genevève-Basler funge da perno centrale, è il mezzo per elaborare il lutto e superare la morte, ma è una pazzia lucida e controllata che crea un ossimoro tematico ricorrente nel cinema del regista francese.

La lavorazione è forse tra le caratteristiche più peculiari dell’opera: solo nove giorni di riprese, anticipati da più di quattro mesi di preparazione, durante i quali il direttore della fotografia si è occupato di raccogliere materiali e immagini filmando il set col cellulare, per poi decidere insieme ai tecnici come posizionare luci e carrelli, in modo da risparmiare tempo all’avvio delle riprese. Una sperimentazione, tecnica e formale, a cui Vecchiali non è nuovo nella realizzazione dei suoi progetti. Il collegamento streaming si conclude con una dichiarazione fuori programma che ha del poetico: “Andiamo al cinema per conoscere e non per riconoscere. Per l’invasione e non per l’evasione”. Nient’altro da aggiungere.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array