"The American", di Anton Corbijn

the AmericanCinema sull' altrove, o più precisamente sull'impossibilità di un altrove, dove le suggestive location abruzzesi diventano il set ciminiano di una ballata mortifera e sospesa. L'allucinazione glaciale e pietrificata di un'anima (americana) rigettata da passato e futuro, macchiata dal sangue, condannata a vedere per l'ultima volta il corpo del proprio desiderio… a distanza

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The AmericanStrana operazione questo The American dell'accoppiata Clooney/Corbijn (il regista olandese certo non si offenderà nel vedere il suo ruolo autoriale qui condiviso quasi arbitrariamente con quello sempre più limpido dell'attore americano, la cui sensibilità europea sembra farsi strada a più riprese anche in questa operazione, un pò come le articolate, ambiziose e schizofreniche collaborazioni con Steven Soderbergh).Il film, infarcito di pericolosi luoghi comuni esterofili sull'italianità, qua e là didascalicamente ancorati a un'immaginario vecchio di decenni – la Bambola di Patty Pravo che fa da sottofondo al primo incontro hard tra il protagonista e la prostituta Clara (una Violante Placido la cui sensualità straripante sembra piombare direttamente dal set televisivo del politicamente fin troppo corretto Moana), il Tu vuo fà l'americano che diventa colonna sonora di semideserti bar di provincia, il prologo di C'era una volta il west programmato in televisione con tanto di commento: Sergio Leone… italiano!  – il film insomma sembra sempre sul punto di mollare le briglie dell'approccio esistenzialista incarnato dal profilo dell'ombroso protagonista per farsi morbosa e violenta spy story in terra straniera con improvvise accelerazioni di ritmo. Eppure niente di tutto questo accade nell'opera diretta da Corbijn e tratta dal romanzo di Martin Booth. Anzi, malgrado le indicazioni folcloristicamente pop dei rimandi e i potenziali snodi spionistici del thriller, The American preferisce immergersi nella neutralità di una parabola redentiva – quella del killer protagonista ovviamente, che decide di rifugiarsi in Italia per un'ultima missione  – destinata al fallimento e riprodotta dai cromatismi fumosi delle sempre (troppo?) belle immagini di Corbijn. Rinunciando a qualsiasi concessione spettacolare – tranne un breve inseguimento notturno in vespa, tra i vicoli di Castelnuovo – la lenta andatura di The American ingolfa il progetto di Cloney e compagni in una sospensione narrativa e figurativa che è anticamera purgatoriale di una ballata mortifera  e decadente, la stessa di Ian Curtis immortalata dal bianconero nel precedente film diretto da Corbijn, Control. Se, infatti, il biopic dedicato alla tragica vicenda del cantante dei Joy Division rifletteva sull'impossibiltà dell'uomo di uscire dalla claustrofobia degli spazi chiusi della realtà borghese per respirare il mondo, qui sin da subito le asfissie della precedente pellicola vengono eluse da reiterati campi lunghi e dettagli paesaggistici che abbattono ogni barriera visuale per raccontare questa strana storia di un americano in fuga verso l'ipotesi di un altro mondo. Eppure anche The American finisce con l'essere la dichiarazione di un fallimento a contatto con l'alterità. Un cinema sull'altrove, o più precisamente sull'impossibilità di un altrove, dove le suggestive location abruzzesi diventano il set ciminiano dell'allucinazione glaciale e pietrificata di un'anima (americana) rigettata da passato e futuro, macchiata dal sangue, condannata a vedere per l'ultima volta il corpo del proprio desiderio… a distanza..

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Titolo originale: id.
Regia: Anton Corbijn

Interpreti: George Clooney, Violante Placido, Bruce Altman, Paolo Bonacelli
Distribuzione: UIP

Durata: 105'

Origine: USA, 2010
 

 

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