The Black Panther, di Ryan Coogler

Black Panther sa essere fedele sia al percorso di Ryan Coogler che alla sua vocazione di marvel-movie. Il regista entra nel dibattito della comunità afroamericana ma non sacrifica lo spettacolo

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Una delle novità più rilevanti della rivoluzione editoriale che la Marvel impose ai comics fu quella di non sottrarre i suoi personaggi alle questioni sociali del mondo reale. Black Panther è universalmente riconosciuto come il primo supereroe nero della storia dei fumetti e fece la sua prima apparizione sulle numero 52 di Fantastic Four, nell’estate del 1966. Più o meno nello stesso periodo, Huey Newton e Bobby Seale stavano fondando ad Oakland l’omonimo movimento armato per l’autodeterminazione e l’autodifesa della comunità afroamericana. Si è speculato a lungo su quanto la sostanziale contemporaneità dei due eventi dovesse essere attribuita o meno ad una semplice coincidenza. La scelta di Ryan Coogler di far iniziare The Black Panther proprio nella famigerata città californiana non aiuta a sciogliere il dubbio, come pure non ci sono mai riuscite le tante dichiarazioni di estraneità rilasciate da Stan Lee. Tuttavia, la decisione del regista è anche un indizio su un approccio personale che si è esteso anche alla paternità della sceneggiatura. Il film comincia nel 1992 e nel bel mezzo di una rivolta urbana, cioè nello stesso contesto di luogo e di tempo di Fruitvale Station, il suo lungometraggio d’esordio. Il lungo casting dei nomi che la Marvel ha preso in considerazione prima di affidargli il progetto la dice lunga sulla sua volontà di connotare il film di un discorso razziale. Kevin Feige è stato in trattativa con Ava DuVernay e con F. Gary Grey e la loro firma rispettivamente su Selma e Straight Outta Compton è più di una dichiarazione d’intenti sull’orientamento che lo studio voleva dare a The Black Panther. L’idea di ambientare l’antefatto ad Oakland è solo il primo di tanti riferimenti che stabiliscono un contatto biografico tra Ryan Coogler e il film. Un legame insolito ma radicato al punto che è difficile rintracciare un blockbuster ugualmente identificabile. Il cineasta si è portato dietro anche il suo attore-feticcio Michael B. Jordan e lo schema narrativo che porta allo scontro finale tra il protagonista e il villain Erik Killmonger deve molto a quello di quei rocky-movies che ha imparato a maneggiare con Creed. In particolare, il topos del sovrano dell’immaginaria nazione di Wakanda che si autocompiace della sua nuova carica e viene sfidato da un contendente che si è preparato tutta la vita per sfilargli la corona. La splendida lotta rituale tra i due in cima alla cascata è un classico esempio della caduta dell’eroe e lo spettatore non resterebbe stupito di assistervi con le note di accompagnamento di un’ipotetica eye of the panther. Il copione prende spunto da Panther’s Rage, il primo ciclo di avventure del personaggio, pubblicato tra il 1973 e il 1975 e storicizzato come il primo graphic-novel della Marvel. I due rivali per il trono polarizzano le diverse posizioni storiche all’interno del dibattito della comunità afroamericana, in un momento in cui il mandato presidenziale di Donald Trump ha reso impossibile l’opzione dell’ignavia. T’Challa è cresciuto tra le delizie dell’isolato eden wakandiano mentre Killmonger si è dovuto fare largo con ogni mezzo per rivendicare il suo lignaggio dal ghetto in cui è stato abbandonato. La tradizionale politica del distacco e del non interventismo davanti alle condizioni dei neri si scontra con quella di sfruttare la potenza economica e tecnologica del vibranio per creare un nuovo potere nero su tutto il mondo. Ryan Coogler ha l’invidiabile capacità di inserire la questione attuale all’interno di un film che non tradisce mai la sua vocazione naturale dell’intrattenimento. Ilryan_cogler regista non dimentica mai di appagare il desiderio d’azione del pubblico e si districa bene nella gestione della componente spettacolare. Black Panther intraprende una missione nella foresta africana contro una banda di trafficanti d’uomini e sfoggia un campionario di gadget degni di James Bond. La sua trasferta coreana contro un contrabbandiere d’armi che ha massacrato il suo popolo prevede un lungo corpo a corpo in un casinò e un inseguimento a regola d’arte per le strade di Pusan. Lo showdown finale tra le tribù di Wakanda e i loro leader gioca benissimo con le simpatie più ambigue dello spettatore verso i personaggi. Inoltre, gli scenari differenti degli scontri in simultanea propongono una serie di last minute rescue perfettamente calibrati. La presenza di un agente della CIA già visto in Civil War garantisce la coerenza del film all’interno del Marvel Cinematic Universe. La stratificazione di The Black Panther è così riuscita che il pubblico non subisce mai l’attualità del tema ma la assorbe senza sforzo nella grande tensione del racconto. Così, Ryan Coogler riesce a fargli condividere l’idea che il desiderio del ritorno alle albe e ai tramonti africani è qualcosa per cui vale la pena lottare e morire.

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Titolo originale: The Black Panther

Regia: Ryan Coogler

Interpreti: Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’o, Forest Whitaker, Angela Basset, Letitia Wright, Martin Freeman, Andy Serkis

Origine: USA, 2018

Distribuzione: Walt Disney Italia

Durata: 138’

 

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