The Boogeyman, di Rob Savage

Tratto dall’omonimo racconto di Stephen King, si costruisce attraverso presagi, percezioni ed infiniti bui ma alla fine si riduce ad un semplice e spento gioco di genere.

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Una domanda che spontaneamente sorge nell’affrontare The Boogeyman è quanto ancora, attraverso la paura del buio in un immaginario come quello dell’horror contemporaneo, si possa ragionare sulla sensazione di vuoto scaturita dall’incapacità di concepire una certezza al di là della superficie. Tra i grandi del genere Mike Flanagan forse oggi ne è il massimo analista. Ma è interessante anche notare quanto all’interno della next generation di cineasti d’oltreoceano proliferi senza freni tale suggestione come nel caso di Skinamarink di Kyle Edward Ball o dell’ottimo Portrait of God di Dylan Clarck che verosimilmente si avvicina molto ai lavori di Rob Savage prima di The Boogeyman. I precedenti lavori del giovane regista britannico rispecchiano perfettamente il congegno della camera oscura, della cattura di anomalie, di presenze, sfruttando a pieno l’immenso immaginario liminal degli avvistamenti soprannaturali che col tempo ci hanno permesso di contemplare il web come una matrice, o più semplicemente,  un freddo archivio di percezioni sballate. E forse l’unico personaggio in grado di immergerci in questo stato d’attesa, di isterica suscettibilità, è la piccola Sawyer Harper che si muove con la sua lampada a forma di luna negli spazi casalinghi, privi dei confini, alla ricerca della creatura rea di infettare la sua famiglia. Perchè il Boogeyman, più che un essere diabolico e manipolatorio come Stephen King lo rappresentava nell’omonimo racconto del 1973, si rivela nel film di Savage un’entità incapace di rispettare la privacy, come se fosse un sorvegliante in attesa di agire ed impossibile da disattivare. 

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Non stupisce tale variazione linguistica da parte del duo produttivo composto da Scott Beck e Bryan Woods, che con la saga di A Quiet Place avevano attuato un interessante restyling delle creature responsabili delle distopie del genere, sempre più mirato a renderli quasi astratte. Ma malgrado le premesse suggestive The Boogeyman diventa ossessivo nel puntare quasi unicamente il proprio sguardo su una costruzione quasi algoritmica del terrore. Perchè in fondo Savage soffre terribilmente questo primo approccio con la grande major, dopo una carriera da autore indipendente composta da progetti altamente informali e linguisticamente ferrei. Percezioni, scricchiolii ed infinti bui divengono solamente un pretesto per creare un gioco narrativo di innumerevoli passaggi a vuoto che riesce solamente in qualche spiraglio a consegnarci il senso di solitudine della famiglia Harper attanagliata dalla recente perdita della madre e dall’incomunicabilità tra la figlia maggiore Sadie e il padre psicologo Will. Ma la paura si perde, si frantuma nella ridondanza degli escamotage architettati, come per esempio le classiche porte che si aprono da sole o gli occhi vitrei che ti fissano nell’oscurità, portando il tanto temuto senso di vuoto ad essere solamente un sintomo dovuta alla stanchezza del giorno appena trascorso.

 

Titolo originale: id.
Regia: Rob Savage
Interpreti: Chris Messina, Sophie Thatcher, Marin Ireland, David Dastmalchian, Vivien Lyra Blair, Lisa Gay Hamilton, Lacey Door
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Durata: 98′
Origine: USA, Canada 2023

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
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Il voto dei lettori
3.17 (6 voti)
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