"The Bourne Identity", di Doug Liman

Il film di Liman, cineasta indipendente che si è fatto conoscere per "Swingers" e "Go", appare piuttosto a disagio nel mettere in scena una fuga che procede per mete sempre provvisorie, dove ogni location diventa soltanto materia provvisoria da distruggere

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Senza identità. La spy-story del recente cinema hollywoodiano (The Peacemaker di Mimi Leder, Spy Game di Tony Scott) condensa sempre di più la struttura letteraria, sottolineando con la scrittura cambi di luoghi, mutazioni di personaggi, motivazioni delle loro azioni. Nel caso di The Bourne Identity c'è alla base il primo romanzo della trilogia di Robert Ludlum su Jason Bourne, su un ex-agente della CIA pubblicato nel 1980. Sulla duplicazione/annullamento di un corpo (quello di Matt Damon e le sue molteplici identità, prima fra tutte quella appunto di Jason Bourne), l'opera di Liman annulla i set europei (la Svizzera, la Francia), affidandosi essenzialmente all'abilità della scrittura di Tony Gilroy (già collaboratore di Taylor Hackford per L'ultima eclissi e L'avvocato del diavolo e per Michael Apted per Extreme Measures) e di W. Blake Herron, per operare quelle fughe frammentate dove il modello di esemplare ambiguità appare, per versi uguali e contrari, il dittico di Mission: Impossible rispettivamente diretti da Brian De Palma e John Woo. Appare quanto meno inquietante che però certo cinema d'azione hollywoodiano non sembra però più produrre né ritmo né tensione. Certamente un soggetto del genere, nel panorama statunitense degli anni Settanta, avrebbe fatto soprattutto respirare quel clima di ossessione nella ricerca di una propria identità che il protagonista poteva condividere solo con lo spettatore. Ma Liman, cineasta indipendente che si è fatto conoscere per Swingers e Go, appare piuttosto a disagio nel mettere in scena una fuga che procede per mete sempre provvisorie, dove ogni location diventa soltanto materia provvisoria da distruggere (l'abitazione a Parigi di Bounce). The Bourne Identity sembra imporre i momenti ad alta tensione – Bounce in banca che ricerca la propria identità guardando diversi passaporti con diversi nomi ma sempre con la sua foto – che vive essenzialmente sul controcampo (Bounce e Marie Kreutz, la sua compagna di fuga conosciuta in un'ambasciata di Zurigo, da una parte e gli uomini che gli danno la caccia dall'altro) o su forme germinali di un voyerismo che non si esplicita mai pienamente per la frenesia di proseguire la vicenda al ritmo delle pagine di Ludlum. Tra inseguimenti, fughe in auto, rifugi provvisori, l'azione nel film di Liman gira continuamente fuori giri anche a causa di inquadrature che sembrano omologhe nel replicarsi nella loro composizione. The Bourne Identity testimonia scarso rispetto per il genere in un confuso miscuglio tra thriller e fantapolitica in cui Matt Damon e Franka Potente costituiscono un raro esempio di estraneità persistente, malgrado siano presenti per gran parte del film.

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Titolo originale: The Bourne Identity
Regia: Doug Liman
Sceneggiatura: Tony Gilroy, W. Blake Herron dal romanzo di Robert Ludlum
Fotografia: Oliver Wood
Montaggio: Saar Klein
Musica: John Powell
Scenografia: Dan Weil
Costumi: Pierre-Yves Gayraud
Interpreti: Matt Damon (Jason Bourne), Franka Potente (Marie Kreutz), Chris Cooper (Conklin), Clive Owen (il Professore), Adewale Akinnuoye-Agbaje (Wombosi), Gabriel Marn (Zorn), Julia Stiles (Nicolette), Orso Maria Guerrini (Giancarlo), Tim Dutton (Eamon)
Produzione: Patrick Crowley, Richard N. Gladstein, Doug Liman per Hypnotic/Stillking/The Kennedy-Marshall Company/Universal Pictures
Distribuzione: U.I.P.
Durata: 119'
Origine: Usa, 2000

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